vasi (sanniti?) al museo di #montecassino

anfora di tipo Alfedena museo Abbazia Montecassino

Come mio solito, scrivo sul taccuino dei predatori della ciociaria perduta di quest incontro stupendo con le nostre antichità ed apro un piccolo pezzo di approfondimento su alcuni oggetti che ho ammirato presso il Museo dell’abbazia di Montecassino.

Proprio lì, è possible ammirare due reperti sistemati nell’ultima sala, alla fine dell ottimo allestimento museale, che in realtà è più rivolta  a mettere in luce la tradizione cristiana della casa di S.Benedetto a Cassino,  tra i resti di ceramica etrusca del V° e VI° sec. a.c., si trovano due splendidi reperti che hanno catturato la mia attenzione da appassionato delle antichità preromane.

Visto che nell’allestimento, ottimo nel complesso, purtroppo difettavano le didascalie ai piedi di questi ultimi due elementi eccezionali, sia per la bellezza antica, sia per le misure, che comunque li fanno diventare curiosi….proverò a capire che tipo di vasi potremmo avere sotto agli occhi, nelle loro splendide forme.

particolare dei motivi ornamentali a figure animali

Dopo alcuni approfondimenti sulla forma del primo reperto,  posso dirvi che viene di norma chiamata “anfora” di tipo Alfedena, in quanto il collo allungato è tipico di quei contenitori chiamati in genere anfore, sui lati del ventre motivi ornamentali con anelli ed anse, dove forse un tempo passavano aste o bastoni o corde, vengono sovrastati da due piccole figure di animali da allevamento tipo tori.

i vasi di tipo Alfedena nel museo di Atina

Una forma per nulla scontata o priva di caratteristiche artistiche di livello, bensì, il contrario, una testimonianza di una conoscenza dell’arte di modellare le ceramiche vagamente orientalizzante per alcuni, insomma un oggetto che può raccontare molto.

vasi tipo Alfedena nel museo di Atina di san biagio saracinisco

Il tipo Alfedena inoltre si contraddistingue nella scalanatura a rilievo e nel colore dell’impasto , un grigio bruno che quasi rende metalliche le forme, oltre che probabilmente nel materiale, impasto tipo bucchero, quello famoso degli etruschi, o molto simile, se fosse dunque quello il tipo ci troveremmo difronte a resti sanniti, più in generale del tipo appenninico, italico, ma dire questo non sembra del tutto appagare la nostra curiosità.

Infatti, cosa significa dire appenninico italico o sannitico?

in realtà si sa ben poco di questi nostri popoli progenitori, e più si tenta di approfondire attraverso la lettura degli scritti storici classici, più ci sembrerà di  saltare da una interpretazione all’altra di simili nomi di popoli e fatti differenti, soprattutto se si procede tentando di riavvicinare ogni tribù o popolo italico ad un unico ceppo la cosa diventa difficile.

Per questo preferisco partire dai reperti e tracciare le linee di evidenza che testimoniano.

lo splendido calice con i cavalieri e le donne fissate sul bordo presso Museo dell’Abbazia di Montecassino

Torniamo quindi alla nostra ricerca sui reperti sconosciuti, il secondo reperto è un trionfo di arte antica che desta, dopo migliaia di anni, ancora grandi emozioni, esso sembra un cratere votivo o un calice largo ed è dello stesso materiale (bucchero) dell’anfora, probabilmente di un unico corredo.

Il calice è bellissimo, lungo il bordo della circonferenza corrono cavalieri arcieri e donne che con le mani abbracciate sulla testa disegnano quasi una volta a tutto tondo.

La rappresentazione di una civiltà guerriera e nobile capace di guerreggiare con arco e frecce sopra ad un cavallo che corre, mentre le donne restano baluardo della genia guerriera affiancando le gesta dei cavalieri.

Probabilmente il corredo funebre di un membro della famiglia guerriera di cavalieri e forse anche nobili di una tribù, perché raramente tali corredi venivano posseduti e realizzati per la popolazione che non avesse una nobile collocazione sociale.

reperti della zona cassinate del VI sec.a.c.

I sanniti dunque non sembrano più così lontani dai loro vicini etruschi sia per capacità artistica sia per tecnica di materiali usati in queste fogge, che secondo diversi studiosi infatti sono strettamente connesse agli etruschi pur rimanendo uniche nella loro massima foggia artistica.

C’è da dire che dopo ulteriori indagini per le quali ho coinvolto qualche amico archeologo locale, siamo riusciti a pervenire alla provenienza della collezione, essa sembra definitivamente etrusca, anche a seguito di una scoperta che ho personalmente effettuato, anche presso il museo sabaudo della città di Firenze, secondo solo al museo di torino per la sua area dedicata ai reperti egizi.

Finalmente, infatti, dopo mesi, ho trovato un esempio di archetipo con il quale tracciare un rapporto dettagliato sulla tipologia del manufatto presente al museo dell’abbazia di Montecassino su cui poi vi diròmeglio.

Tra le varie bellissime ceramiche esposte, tutte etrusche e tutte databili tra il VI° sec., a.C., ed il VII° sec., A.C., nelle teche con infinita gioia ho trovato queste iscrizioni.

Le lingue infatti di origine osca furono simili tra loro cosi come quella dei volsci e dei sanniti fino a quella etrusca, sul discorso meglio approfondire in questo altro articolo che vi segnalo: https://www.megalithic.it/il-taccuino-dei-predatori/oscitosci-volci-e-volsci-per-alcuni-furono-la-stessa-popolazione/

Un lébes etrusco dello stesso periodo, che avevamo teorizzato, è identico nelle forme decorative funebri che corrono lungo il bordo del catino sacro, cavalieri e piangenti rendono onore al defunto.

Resta da spiegare quindi come mai il reperto di monte cassino sia realizzato con un impasto che appare più elaborato e nobile rispetto a questo esposto a firenze, come vi dicevo il reperto di Montecassino merita però un ulteriore approfondimento, in quanto esso deriva da un lascito offerto all’abbazia da un qualche vicario, una pratica vuole che si offrisse all’abbazia un qualche dono durante le visite ufficiali.

museo archeologico firenze

Quindi il vaso bruno meglio conservato sarebbe stato rimaneggiato nei secoli, magari abbellito tanto da render difficile la lettura, sembra infatti che il reperto presenti segni di congiunzione quasi di elaborazione successiva tanto da sembrare l’incrocio tra diverse teknè corrispondenti a troppe etnie di secoli differenti.

Cercherò di spiegare meglio per alimentare ancora la nostra curiosità nel confronto di questi enigmatici reperti.

continua….

P.Ruggeri

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