Coreno ausonio, la grotta delle fate e la via ercolanea

Perchè andare lontano a cercare le meraviglie dell’archeologia quando si vive nel centro italia, la zona forse più ricca di reperti nascosti e in bella vista, l’unica al mondo in cui i paesi restano conficcati nelle maestose cinte murarie preromane che ancora una volta non riusciamo ad indentificare con le giuste ricostruzioni.

lastrone di marmo con incisione latina di coreno ausonio

Questa volta ci siamo addentrati lungo il bellissimo passo che collega la piana della costa tirrenica laziale di Formia-Minturno con l’entroterra ciociaro della provincia di Frosinone, ossia Pignataro interamna e Cassino

Una zona che grazie alla sua conformazione, essendo stretta da due linee montuose, rappresenta una sorta di imbuto, in cui per millenni l’uomo sceglieva di passare per evitare le salite e le discese montuose, per raggiungere facilmente dalle coste l’entroterra ausono, e viceversa.

statua ausona

Prima di giungere a parlare degli ausoni- aurunci vale la pena parlare della parola Coreno, essa secondo le tesi più accreditate viene descritta attraverso 3 diverse teorie, la prima fa derivare il toponimo da kora, o proserpina dea della fertilità ctonia; la seconda teoria, dalla clava di ercole, korune ; e l’ultima da “terra del vino”, il cecubo o falerno vino antichissimo della zona, che però sembra meno calzante delle altre.

kora

C’è quindi la possibilità di individuare questo toponimo come il luogo in cui fosse un tempio di kora-e, Cora, dea della fertilità , oppure con il tempio di Ercole, o Eracle, colui che brandiva la clava nelle sue fatiche narrate in tutto il mondo antico.

melqart-eracle-ercole

Ecco, da qui mi sembra giusto partire per una serie di considerazioni che ho compiuto fin ora, anche avvalendomi di alcuni testi suggeriti sul territorio di coreno e di diverse scampagnate compiute in loco di cui il video allegato a fine articolo.

In effetti, alla base di questo report va posta in primis l’opera di due scittori, dei quali uno era anche archeologo e l’altro puro appassionato del territorio intitolata: “Città scomparse della ciociaria” di Antonio Giannetti e Angelo Berardi.

Due le strade che approfondiremo, la prima presuppone un tempio, un luogo di culto per una dea, la dea k-Cora, la quale era sposa di ade (re degli inferi), regina degli inferi, soggiornava nell’oltretomba per alcuni mesi all’anno e sulla superfice terrestre i restanti, simboleggiava propriamente l’alternanza delle stagioni, così come persefone greca era la romana cerere, e proserpina sua figlia romana era la kora greca, non lontana e assimilabile anche al culto di Feronia a Terracina, tute loro sono divinità assimilate tra loro e tutte definite ctonie, perchè la leggenda che le riguarda le pone come divinità che legate alla terra ed al cielo.

Il legame con le messi, i sacrifici e i riti stagionali, e cosa legherebbe la figlia della dea della fertilità dei campi con Coreno Ausonio?

C’è per caso qualche luogo che possa far pensare ad un luogo di culto di una divinità femminile legata alla terra sia al mondo sotterraneo sia al mondo delle messi?

A ben vedere esiste un luogo bellissimo proprio nel territorio di Coreno che fa pensare per le sue caratteristiche ad un luogo di culto ipogeo legato alla fertilità , allo scorrere delle acque.

tratto dal libro “città scomparse della ciociaria”

La grotta delle fate o grotta focone, essa si trova ubicata a due passi dal santuario della madonna del piano di ausonia ma nel territorio di Coreno, in mezzo alle cave del famoso marmo Royal che da sempre ha caratterizzato i commerci e la manodopera di questi luoghi narrati.

nella cava ormai abbandonata c’è una cavità una grotta, che oggi non è facile da percorrere, si inoltra dal costone della collina verso il ventre del colle, all’interno del ipogeo scolpito si trova un fantastico blocco di marmo, cavato a formare una vasca di ottima fattura che ancora desta stupore e meraviglia in quanto non si è mai riusciti a porvi alcuna certezza nè per datazione nè per appartenenza ad alcuna cultura o stile tipico.

Secondo gli studiosi sopra citati, la conformazione delle rocce all’interno della grotta darebbero l’idea di essere, in passato, stato attraversato da copiose acque, tanto che si potrebbe constatare la pietra levigata dai secoli per effetto della corrente delle acque filtrate dalla collina, per questo motivo vale la pena fare una riflessione , ancora oggi l’acqua percorre lo stesso percorso, se pur a quota più bassa, e affluisce nell’ausente, che quindi aveva la valenza dell’elemento idrico per eccellenza, capace di irrigare la valle, proprio come si addice alla divinità della fertilità.

La seconda strada da percorrere invece, quella che parla della clava di ercole (korunè), è altrettanto suggestiva ed è forse ancora più gloriosa, da diversi storici affiora il ricordo della strada detta di ercole che proprio da interamna linares partiva e giungeva sull’appia, nel territorio di minturno in forza del percorso dei riti e dei templi dedicati all’eroe divenuto dio.

Su Ercole- Eracle apriamo una breve parentesi, infatti ad Ercole i nostri popoli laziali sono legati indissolubilmente da sempre, di qui diviene imperativo fare alcuni ragionamenti, come mai il culto di ercole secondo molte tesi esisteva già a roma prima della crescita esponenziale di roma ?

Secondo i grandi autori latini e greci come Tito Livio ed altri, infatti a Roma esisteva il culto di ercole da sempre, da quando la città ancora era solo quella divisa in sette colli, in seguito con la crescita della civitas si andarono a sovrapporre le figure dell’ Eracle greco eroe ed il dio romano.

Eracle, inoltre sembrerebbe derivare dalle storie fenicie riguardanti il dio detto melqart , i fenici erano assidui nel culto e nel costruire templi nei punti di maggior interesse geografico al loro dio eroe. Ad esempio i fenici fondarono il tempio di melqart a Gades ossia Cadiz, sul quale troverete spunti di storia in un altro articolo di questo sito, proprio lì, poi i cantori greci fecero nuovamente combaciare i culti, con quelli dei fenici, innestando la storia della 10 fatica tra Eracle e Gerione, il gigante tricefalo che possedeva le rosse giumente ed i tori migliori del mondo.

su questo si dica pure che il rame, l’oro rosso, della penisola iberica fuso in lingotti a pelle di bue, fecero la gloria e la disfatta dei tartessici nei confronti delle nuove civiltà che ormai conquistavano il mediterraneo, in rassegna dopo i fenici, i liguri, i greci, i tirreni, i punici, i sardi , i romani.

lingotti a pelle di bue

Quindi Ercole ed il suo culto si fusero come quella unica via di religione condivisibile da tutti i popoli delle antichità, la decima fatica dunque citava la conquista del mondo ellenico delle coste atlantiche e delle ricchezze dei metalli più ricercati e utilizzati man mano nelle epoche in cui, proprio questi materiali, si andavano diffondendo.

Ercole con i buoi rossi, probabilmente i lingotti di rame, tornato in italia trova nel lazio ristoro da Evandro, re latino, e Caco (mostro generato da Vulcano, residente nel latium primitivo ed anche in una grotta dell’aventino) gli ruba parte delle bestie, in questo momento di contatto tra leggende è facile intuire che l’episodio potrebbe rimandare a qualcosa di più articolato, ossia la presenza nelle tradizioni dei popoli del lazio, già gli autori come virgilio tentarono di unificare con la venuta di troiani e greci (ormai già divenuta consuetudine storica ai tempi) a fondersi con gli aborigeni per descrivere l’articolato mondo antico del centro italia, di certo esistevano per esser già riconosciuti e rispettati dai primi poeti latini, probabile che vi fosse riconoscimento dei popoli tramandati già da parte dei cantori greci e della cultura antica.

tale riconoscibilità di popolazioni antiche potrebbe basarsi anche sulla reale esistenza in loco di simili regni, stati con leggi e rituali sacri, frutto di precedenti spostamenti non più citati nella storia scritta.

Devo ammettere che Coreno Ausonio desta un incredibile fascino anche per ulteriori terrazzamenti costruiti in opera poligonale, che si rinvengono nella valle che scorre verso il mare, a ben vedere per l’ennesima volta la nostra italia mi ha stupito, e tra le due tesi mi piace pensare fosse più consona quella della cora degli ausoni che la clava degli ausoni..

In allegato il video sulla chiesa di valle fratta, Santa Maria in Correano e su alcuni altri terrazzamenti in opera poligonale , con pozzi e descritti come antiche domus rinvenuti nei dintorni della città

continua….

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