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Il Quadro miracoloso della Madonna del Buon Consiglio ( San Benedetto, Frosinone). by Giuseppe Pettenati

 

Durante la nostra Passeggiata al centro storico di Frosinone interattiva  dello scorso sabato 22 Luglio 2023  

siamo stati in Piazza della Libertà, dove di fronte al Palazzo della Prefettura insiste la Chiesa di San Benedetto.

La chiesa attuale è frutto di una ricostruzione del 1750, operata sull’antica chiesa medievale. E’ a navata unica, con cappelle intercomunicanti.

Chiesa di San Benedetto

Chiamata la  “Pinacoteca di Frosinone”, custodisce anche il Quadro Miracoloso della Madonna del Buon Consiglio .

Le  ragioni per cui a Maria si addice il titolo di “Madre del Buon Consiglio” sono esposte nel decreto Ex quo Beatissima Vergine del 22 aprile 1903 a firma del cardinale Serafino Cretoni, prefetto della congregazione dei Riti, mediante il quale papa Leone XIII fece aggiungere l’invocazione “Mater Boni Consilii, ora pro nobis alle litanie lauretane. Dall’istante in cui la Beata Vergine Maria […] accettò […] l’eterno disegno di Dio e il mistero del Verbo Incarnato […] meritò di essere chiamata anche Madre del Buon Consiglio. Inoltre, ammaestrata dalla viva voce della Sapienza divina, quelle parole di Vita ricevute dal Figlio e conservate nel cuore, le riversava generosamente sul prossimo.” Maria è colei che mostra il cammino e illumina le menti di pie donne, discepoli e apostoli di Gesù. Nel decreto si fa pure riferimento all’episodio delle nozze di Cana, durante le quali Maria pronuncia le ultime parole attribuitele dai Vangeli: “Fate quello che vi dirà”, il più eccellente e vantaggiosi dei consigli. ]Dalla croce, infine, Gesù si rivolge al discepolo]dicendo “Ecco, tua Madre”,[ invitando tutti i cristiani a seguire come figli la strada indicata da Maria, egregia consigliera.

La tradizione attribuisce l’introduzione del titolo mariano di Mater Boni Consilii a papa Marco, al quale sarebbe da ascrivere l’evangelizzazione del territorio di Genazzano; l’erezione a Genazzano di una chiesa dedicata a Maria Mater Boni Consilii risalirebbe invece al pontificato di papa Sisto III e sarebbe da ricollegare al fatto che da quelle terre provenivano i beni utilizzati per finanziare la costruzione della basilica liberiana (Santa Maria Maggiore) a Roma.[

La chiesa e la parrocchia della Madre del Buon Consiglio, per interessamento del principe Piero Giordano Colonna, con atto del 27 dicembre 1356 furono affidati ai frati eremitani di sant’Agostino.  

Il 25 aprile 1467, festa di san Marco, su una parete della chiesa fu scoperto un dipinto, raffigurante la Vergine con il Bambino Gesù, che probabilmente era stato ricoperto in calce: l’immagine divenne presto oggetto di grande devozione popolare e si diffusero leggende secondo cui il dipinto sarebbe stato trasportato dagli angeli da Scutari per sottrarlo ai turchi che stavano invadendo l’Albania, o che si mantenesse straordinariamente sospeso su un sottilissimo strato di intonaco.

Dal titolo della chiesa, l’immagine prese il nome di Madre del Buon Consiglio.

A opera dei frati agostiniani, soprattutto a partire dal XVIII secolo, l’immagine e il culto della Madre del Buon Consiglio si diffusero in tutta Europa:per esempio, fu davanti a un’immagine della Madre del Buon Consiglio conservata nella chiesa del collegio Imperiale dei gesuiti di Madrid che, il 15 agosto 1583Luigi Gonzaga maturò la decisione di entrare nella Compagnia di Gesù.

Nel corso dei secoli pontefici favorirono e promossero la devozione a Nostra Signora del Buon Consiglio: papa Clemente XII (appartenente a una famiglia di origine albanese) concesse l’indulgenza plenaria a quanti avessero visitato il santuario di Genazzano nel giorno della festa della titolare (25 aprile, anniversario dell’apparizione dell’immagine sul muro della chiesa di Genazzano) o nell’ottava successiva; papa Pio VI nel 1777 concesse un ufficio proprio con Messa per il giorno della festa della Madre del Buon Consiglio; papa Benedetto XIV, con breve Iniunctae Nobis del 2 luglio 1753 approvò la pia unione della Madre del Buon Consiglio di Genazzano, alla quale si aggregarono numerose altre confraternite.[13]

Il culto della Madre del Buon Consiglio ebbe un grande impulso sotto il pontificato di Leone XIII (che proveniva da Carpineto Romano, non distante da Genazzano, e aveva un frate agostiniano come confessore) nel 1884 approvò un nuovo ufficio per la festa e nel 1893 approvò lo scapolare bianco della Mater Boni Consilii, arricchito di indulgenze; il 17 marzo 1903 elevò il santuario di Genazzano alla dignità di basilica minore;[ per volere del pontefice, con decreto del 22 aprile 1903, alle litanie lauretane fu aggiunta l’invocazione “Mater Boni Consilii, ora pro nobis“.

Il dipinto su tela raffigurante la Madonna del Buon Consiglio, probabilmente del XVI secolo di mano locale,  fu portato nella vicina chiesa tardo barocca   di  S. Benedetto, localizzata sull’antica piazza delle adunanze pubbliche, di fronte alla antica Rocca         ( oggi sede della Prefettura).

Quadro Miracoloso della Madonna del Buon Consiglio in San Benedetto

Didascalia Quadro miracoloso

A Palazzo Gugliemi, in via Garibaldi , n. 129 ( antica Strada della Valle già n.97 del Rione Civita) , c’è  l’affresco della Madonna del Buon Consiglio , alloggiato in una nicchia rettangolare lunettata ed incassata nell’intonaco della facciata. Tale affresco vede i Santi Protettori in venerazione della Vergine con il bambino, il tutto circondato da testine di angeli.

Qualche anno fa il Comune di Frosinone ha apposto una targhetta commemorativa          “QUI AVVENNE IL MIRACOLO DELLA MADONNA DEL BUON CONSIGLIO il 10 LUGLIO 1796”

Affresco della Madonna del Buon Consiglio a Palazzo Guglielmi in via Garibaldi

L’Episodio è riportato da Padre  Ignazio Barbagallo ( in allegato).

Invero solo due anni dopo, nell’estate 1798,  avviene la ribellione contro i Francesi che appoggiavano la Repubblica Romana ed avevano imposto ingenti tasse  ( episodio delle Pagliare Bruciate) –  e l’anno dopo il cd. episodio  di Championnet, il famoso generale francese che viene burlato dai frusinati  ( cfr. Carnevale storico di Frosinone,

con tale termine si intendono le celebrazioni tradizionali e istituzionali del carnevale nella città laziale. Ha il suo culmine nella Festa della Ràdeca che si svolge ogni Martedì grasso. La festa è l’evento più atteso dell’anno dai frusinati e quello che meglio racconta e conserva il folclore degli abitanti. Alla festa della Radeca si è poi sovrapposta, in epoca moderna, tutta la parte più canonica del carnevale, caratterizzato dalla sfilata dei carri allegorici nonché dalla presenza di costumi e maschere.

L’origine di tale festa si perde in un’epoca remota, precristiana (Frosinone è una città d’origini antichissime) ed è collegata agli antichi riti di fertilità e fecondità dell’epoca pagana, dai quali sono poi derivati i Lupercali romani, dedicati a Luperco, divinità pastorale invocata a protezione della fertilità, che si celebravano a febbraio, il mese della purificazione. Nella Festa della Radeca, inglobata in quello che nel corso dei secoli sarebbe diventato il Carnevale, riecheggia quindi un rituale purificatorio, un percorso di morte e rinascita, fine ed inizio di un ciclo che culmina nel bruciamento del “Re Carnevale” rappresentato da un fantoccio, che nel caso specifico di Frosinone, a partire dal 1800, è personificato dal generale francese Jean Antoine Étienne Vachier detto Championnet. Nell’usanza di dare alle fiamme il fantoccio si rintraccia anche l’antichissimo rito del Capro espiatorio.

La Radeca

 

Pianta d’ agave, ossia la ‘Radeca’

La lunga foglia della “Radeca”, altro non è che una foglia d’agave, detta appunto “radeca” nel dialetto frusinate, antico ed evidente simbolo fallico e di fertilità. L’agave è una pianta d’origine americana, introdotta in Europa, e specificamente in Spagna, nella prima metà del XVI secolo. È ipotizzabile supporre che questa pianta si diffuse nel territorio di Frosinone, durante la seconda metà del XVI quando, a seguito della pace di Cateau-Cambrésis, fu sancito il dominio spagnolo sul territorio. La scelta della “radeca” sta probabilmente nella sua forma allungata e stretta nonochè nelle sue caratteristiche botaniche di rigogliosità e prosperità, qualità che ben si sposano con la simbologia del rito propiziatorio e di fertilità.[1]

All’antico rito, a partire dalla fine del XVIII secolo, si è sovrapposto un evento storico che ha dato un significato nuovo alla festa. Tra il 1798 e il 1799, i frusinati insorsero contro le truppe d’occupazione francesi presenti in città. Il 26 luglio 1798 la popolazione di Frosinone in rivolta, scacciò la guarnigione transalpina, non potendo più tollerare le ingenti tasse imposte dopo il costituirsi della Repubblica romana spalleggiata dai francesi. La reazione dei trasalpini fu durissima. Un’intera armata capeggiata dal generale Girarban saccheggiò Frosinone senza alcuna pietà, portando al massacro di molti innocenti ed al danneggiamento di edifici e chiese.[2]

Il generale Championnet

Leggenda vuole che un anno dopo nonostante fosse ancora vivo il trauma dell’anno precedente, i frusinati vollero festeggiare ugualmente il carnevale e quindi onorare la festa della “Radeca”, per esorcizzare paure, fame e per irridere i potenti. Quel giorno inviarono un messo ad Anagni dove stazionava il generale francese Jean Étienne Championnet, annunciandogli che Frosinone si era nuovamente ribellata. Nel frattempo nella zona che oggi si può identificare più o meno con l’incrocio tra la via Casilina e il piazzale De Mattheis, si era radunata una gran folla in attesa dell’ufficiale e ogniqualvolta da lontano si sentivano gli zoccoli d’un cavallo in arrivo, la gente urlava “ esseglie… esseglie!! Eccuglie…!”

Non appena Championnet raggiunse Frosinone, si trovò in mezzo ad un clima goliardico e sbeffeggiante. Comprese d’essere stato burlato, ma non se la prese e anzi si mischiò alla folla bevendo il tradizionale vino rosso e mangiando, racconta la storia, i “fini fini”, un piatto tipico di Frosinone (conosciute anche come fettuccine ciociare). I soldati francesi ricevettero in dono alcune botti di vino rosso e da allora Championnet divenne simbolo del carnevale. Ogni anno infatti un fantoccio vestito da generale francese sbronzo con in mano un piatto di “fini fini”viene festeggiato e portato su di un carro tra le stradine del centro storico e poi dato alle fiamme alla fine della giornata (tradizione analoga all’antico uso, più a sud, di bruciare il fantoccio di Pietro Bailardo).

                                    Murales episodio Pagliare bruciate

                        Fantoccio raffigurante Championnet

In cattedrale si onorano dal Seicento i Santi Patroni ( S. Ormisda e S.Silverio), Ed a tale epoca risale la donazione di un tondo, attribuibile alla scuola alla scuola di Guido Reni ( Madonna con il Bambino, S. Elisabetta e San Giovannino).

La Cattedrale con annesso campanile è di origine medievale ed è  situata  sul punto più alto dell’altura occupata dal nucleo storico della Città. Tale sito doveva corrispondere, in effetti, in  epoca romana all’Acropoli ed  in epoca medievale al centro politico e religioso cittadino.

Da sempre riferimento del culto cittadino, dal XIII secolo è dotata di Statuto e di un Capitolo di Canonici.  In seguito alla visita vescovile del 1717, furono decisi degli interventi di ampliamento, che si conclusero nel 1743, e successivamente, nel 1755, la nostra chiesa fu proclamata “collegiata” ( con presenza di capitolo di canonici)

Rimasta indenne fino ai bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, fu restaurata e riaperta al culto nel 1950.

Nel 1963 è stata inaugurata una nuova decorazione interna, articolata da un ciclo di dieci dipinti eseguiti dagli artisti Ceracchini, Colacicchi, Fantuzzi, Montanarini e Purificato, che esaltano il culto mariano, così come all’Assunta è dedicato il mosaico absidale realizzato da Mariani nel 1967.

Nel 1965 la chiesa viene elevata al titolo di Cattedrale., ovvero sede del trono del Vescovo.

Presenta impianto basilicale a tre navate divise da pilastri. La facciata, con due ordini di lesene, ha una finestra centrale.

Cattedrale

Il Campanile poggia su un basamento a pianta quadrata e per tutta l’altezza si succedono tre ordini di bifore . L’orologio è  sormontato da una cupola con cortina regolare.

                                                   Campanile

Alla fine della navata centrale, verso l’altare, le statue dei Santi Patroni; furono entrambi papi e Ormisda era il papà  di Silverio.

Ormisda viene eletto papa il 20 Luglio 514. Riconciliò la chiesa greca con quella romana, organizzò la vita cristiana in Africa e in Spagna. Sotto di lui fu istituito l’ordine  dei Benedettini.

Silverio, figlio di Ormisda, fu eletto papa l’8 Giugno 536, nella certezza che avrebbe riconciliato i Romani con i Goti. Fu vittima di una congiura e per cui fu mandato in esilio. Anche se riabilitato da Giustiniano, fu relegato nell’isola di Ponza dove morì il 2 Dicembre 537.

                                       Santi Patroni

Si diceva che le notizie sul Miracolo della Madonna del Buon Consiglio le abbiamo dal Barbagallo; egli era un Agostiniano Scalzo, ordine a Frosinone che abita  nel Santuario  di Madonna della Neve (Frosinone Bassa), dove è custodito l’affresco della Sudorazione ( primo evento miracoloso di Frosinone, 10 Maggio 1675 )

Affresco della Sudorazione in Madonna della Neve a Frosinone

Il Santuario di Madonna della Neve  ebbe ospite, tra gli altri, papa Pio IX ( il 14 Maggio 1863- giorno dell’Ascensione); di papa Pio IX noi ne  abbiamo commemorato il viaggio qui in Ciociaria  nel 1863 ( lo scorso 13 Maggio presso la Provincia di Frosinone, “ Papa Pio IX: 160 dalla visita in Ciociaria”.

Ne abbiamo ricordato la figura  nel  giorno della nascita del Papa il cui pontificato rimane il più lungo della Chiesa Cattolica, ultimo sovrano dello Stato Pontificio, papa che proclamò, tra le altre, l’Immacolata Concezione, progressista, grande mecenate, promotore della rete ferroviaria nello Stato Pontificio, papa del Concilio Vaticano I, della questione romana, prigioniero politico a seguito della breccia  di Porta Pia nel Settembre 1870,  nominato beato nel Settembre 2000 da papa Giovanni Paolo II.  

L’affresco della Madonna del Buon Consiglio di Palazzo Guglielmi, San Benedetto che custodisce il Quadro miracoloso di tale evento,   Madonna delle Grazie , Madonna delle Neve,  la  Chiesa di San Magno devono rientrare in quel “Frosinone tra Archeologia e Fede”,  un percorso, semplice, che abbiamo chiesto all’Amministrazione comunale  di istituire; alla stessa Amministrazione è stato chiesto anche di istituire un concorso aperto alle nostro scuole sulle bellezze storiche cittadine e la ricostruzione 3d del Nostro Anfiteatro, secondo il plastico ricostruttivo visibile nel locale Museo Archeologico (http://museoarcheologico.comune.frosinone.it/).

Tra l’altro, “Ci Vediamo in Provincia” presso l’Archivio Diocesano sede Veroli ha reperito gli atti del processo canonico del miracolo della Madonna del Buon Consiglio. Li sta facendo mettere in un italiano più scorrevole, per farci una pubblicazione.

Per una breve bibliografia:

  • Padre Ignazio Barbagallo “ Frosinone: lineamenti storici  della città dalle origini ai nostri giorni “, in particolare  pagg. 288-289 per il miracolo della Madonna del Buon Consiglio a Frosinone , Tipografia Editrice Frusinate, 1975;
  • F. Stroppa “ Notizie Storiche sulla città di Frosinone”, a cura di Marcello Cervini, Maria Teresa Onorati, Gianmarco Spaziani, , in “Terra dei Volsci”, Annali del Museo Archeologico di Frosinone, Tipografia Editrice Frusinate, ISBN 9788894160758;
  • Arcangelo Campagna “ La Madonna del Buon Consiglio”, editrice Verlar, ISBN 9788866716396;
  • Gianmarco Spaziani, “Essegliè! – Storia, tradizioni e simboli della Festa della Radeca”, Tipografia Editrice Frusinate, Frosinone, 2012.

l’altare di monte d’accoddi

a pochi chilometri a sud di Portotorres, nel territorio comunale di Sassari, in piena campagna, esiste una delle meraviglie archeologiche più interessanti di tutta la sardegna e del mediterraneo, il tempio del Monte D’accodi.

ricostruzione del tempio al momento del ritrovamento quando l’altare sacro era una postazione della contraerea

Il tempio preistorico nasce su un’area sacra che secondo le ricostruzioni effettuate dagli archeologi esisteva già nel IV° millennio a.c., dunque nell’area archeologica sono state rinvenute diverse testimonianze di epoche successive tra loro.

www.megalithic.it p.ruggeri
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Oltre a Monte d’Accoddi, nella stessa zona, si segnalano le presenze di antiche necropoli di Su Crucifissu MannuPonte SeccoLi Lioni, Sant’Ambrogio, Su JaiuSpina Santa e Marinaru, le tombe con dolmen ed i menhir di Frades Muros, oltre ad una decina di nuraghi.

ricostruzione università di sassari

ricostruzione università di Sassari
pietra rituale p.ruggeri www.megalithic.it
cortina esterna dell’altare a gradoni p.ruggeri www.megalithic.it
onphalos www.megalithic.it p.ruggeri
altare a gradoni lato esposto p.ruggeri www.megalithic.it
pietra sacra menhir con probabile dea madre p.ruggeri www.megalithic.it
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rampa minore www.megalithic.it p.ruggeri

la zona sacra in cui poi sorse il tempio a gradoni, era sicuramente abitata e frequentata già nella preistoria, secondo le ricostruzioni degli archeologi (tra i quali lilliu di cui già abbiamo parlato in altre occasioni), le pietre rituali quali i menhir e le lastre ai lati della attuale rampa sono dell’epoca del IV° millennio a.c., secondo alcuni il posizionamento del tempio e delle pietre nelle epoche più antiche rappresenterebbero la mappa stellare della costellazione della croce del sud e delle stelle rinvenibili proprio accanto alle stelle principali di questa costellazione. la croce del sud era un importante riferimento stellare in epoche molto antiche, in tutto il mondo veniva rappresentata come segno celeste d’ausilio ai naviganti ed agli esploratori, sarebbe stata visibile anche in sardegna intorno al 5000 a.c. e sarebbe quindi plausibile che l’architettura sacra fosse dedicata alla guida celeste dei tempi.

di seguito un breve video con alcune info…(continua)

il pozzo sacro di Perfugas

Sardegna, provincia di Sassari, mi sono recato in quel che fu territorio dei balari, la popolazione nuragica del nord della sardegna e sono giunto nella città di Perfugas.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Predio Canopoli

La storia della città è raccontata dal suo nome e dalla sua conformazione geografica prima ancora che dai suoi tanti reperti, in quella zona non lontano una tomba di giganti e domus de jana, come in tutta la zona nord della bellissima sardegna.

Arrivati al centro del piccolo paesino, giacente su una collinetta che si innalza su un territorio a carattere paludoso, rimane lontano da grandi città ed immerso nel verde coltivato dei dintorni, per le sue caratteristiche fu sfruttato anche come castrum dai romani.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Predio Canopoli

Proprio al culmine della collina esiste la chiesa di Santa Maria degli Angeli, e proprio li sotto, ormai in bella vista, senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici, un antico pozzo sacro rimasto ancora in buono stato chiamato di Predio Canolpoli

Il pozzo è bellissimo, rappresenta la tecnè dei pozzi sacri sardi nel suo massimo splendore, le pietre incastonate con incastri perfetti donano all’opera una perfezione architettonica in cui vengono posti in risalto l’interazione tra gli esseri viventi della terra tra i quali spicca l’uomo, e l’acqua la terra ed il cielo.

La terra che ha dato i natali ad un grande archeologo Giovanni Lilliu e che si contraddistingue per i tanti ed unici ritrovamenti antichissimi, come la zona sacra di monte d’accodi, ormai conosciuta come la “zigurat” della sardegna, i tantissimi nuraghe presenti su tutta l’isola, inoltre tra le sue peculiari testimonianze di un periodo che si attesta tra il XII° sec. a.c. e l’VIII° per i rinvenimenti effettuati su oggetti di quelle età ritrovate durante gli scavi dei cosiddetti pozzi sacri.

Pozzi sacri dunque come opere idrauliche architettoniche disseminate in tutto il territorio sardo capaci di destare a distanza di migliaia di anni stupore nei visitatori per la perfezione delle costruzioni e per il forte simbolismo posseduto.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Santa Cristina

Il più famoso sulla rete, da qualche tempo è il pozzo sacro di Santa Cristina, sul quale torneremo più in là, una sorta di eccezione tra le eccezioni per la sua complessità e bellezza, ma intanto guardando al fenomeno davvero intrigante per la zona del mediterraneo, in sardegna si contano numerosi pozzi sacri di simili fattezze che spesso hanno le identiche finalità e le medesime forme.

Ricorrente il disegno di “forma a toppa di chiave“, tipica nel mediterraneo, comune al simbolo di tanit anche nelle baleari, certamente punica-fenicia, ma presente sotto altri presupposti anche in giappone come nel caso delle tombe dei reali (Kofun), forma percepibile solo se vista dall’alto, in questo caso la sezione di Perfugas ci permette di vedere dove al cono tronco del pozzo corrisponde la discesa in ingresso nella cisterna tholos gli scaloni sono, ancora oggi dopo più di 3mila e rotti anni, ben delineati potrebbero raccontare nella loro struttura un linguaggio numerico simbolico ancora da svelare.

Il cono rovescio dell’opera chiaramente sembra una raffinata esecuzione di un opera simbolica di antichissima fondazione, i costruttori di torri, i tirsenoi? furono loro i costruttori? in effetti erano attestati proprio nel mediterraneo e in qualche modo si accomunavano con tante altre culture tra le colonne d’ercole ed il tirreno.

La cupola a tholos chiude solo alcuni pozzi sacri ancora oggi, li dove e rimasta in piedi, mostra l’uso sul suo centro della volta del soffitto a tholos di posizionare una pietra che permetteva di essere rimossa a piacimento per far divenire la pozza di acqua un ottimo schermo di quanto le stelle stessero facendo nel cielo notturno…

http://www.unife.it/architettura/lm.architettura/insegnamenti/storia-dellarchitettura-antica-e-medievale/materiale-didattico/materiale-didattico-2017-18/materiali-lezione-2-07-03-18

Torri, di tutti i tipi aperte o chiuse, appaiono anche nei villaggi talayotici delle baleari simili alle torri dei nuraghe sardi, ed alle torri tirrene in opera poligonale, rinvenibili a Cosa vicino ad Orbetello o in altri posti più centrali e meno legati al mare della penisola come ad Aquino che come i talayot a volte erano di base quadrata.

Nei pozzi sacri la somma architettonico-simbolica acquisisce il massimo della sua resa artistica, le pareti incastrate sono perfettamente levigate, i materiali perfettamente lavorati siano essi di pietra calcarea o di pietra basaltica, una capacità di scalpellare che ci fa rimanere attoniti.

A Perfugas venne ritrovata nel pozzo una statuina di un piccolo toro in metallo del VI° sec.a.c., proprio nel suo interno con altri oggetti, che ne testimoniano l’uso in diverse epoche, anche i romani intercettarono poi la vena acquifera del pozzo in un secondo momento storico.

una particolarità che ormai segna il dibattito di amanti e studiosi riguarda la presenza delle bugne laterali a forma di mammelle, sui blocchi esterni dell’opera lungo il bordo esterno del perimetro, bugne del tutto identiche a quelle trovate in egitto, in grecia, in america del sud, messico, peru, un elemento che faremmo bene ad approfondire…

gli 8 scalini che portano a scendere fin dentro il pozzo sono bellissimi nel caso di perfugas come in tutti i pozzi ma variano nelle misure, la costante che si può rintracciare facilmente è che in tutti esse sono via via più strette andando dall’alto verso il basso, forse proprio perchè come nel disegno di tanit il triangolo che si congiunge al cerchio è un principio che va applicato in questa architettura sacra.

Esistono pozzi di identiche fatture in altre parti del mondo e ovunque vengano ritrovati sembrano oggetti fuori dal mondo in quanto sembrano far parte di punti di riferimento geografici incollegabili fra loro, ad esempio ne esisterebbe uno in inghilterra, e uno in bulgaria, ma se parliamo di tholos con acqua anche a sezze…..

di seguito alcune immagini riprese nell’ultimo viaggio in sardegna buona visione.

continua….

Coreno ausonio, la grotta delle fate e la via ercolanea

Perchè andare lontano a cercare le meraviglie dell’archeologia quando si vive nel centro italia, la zona forse più ricca di reperti nascosti e in bella vista, l’unica al mondo in cui i paesi restano conficcati nelle maestose cinte murarie preromane che ancora una volta non riusciamo ad indentificare con le giuste ricostruzioni.

lastrone di marmo con incisione latina di coreno ausonio

Questa volta ci siamo addentrati lungo il bellissimo passo che collega la piana della costa tirrenica laziale di Formia-Minturno con l’entroterra ciociaro della provincia di Frosinone, ossia Pignataro interamna e Cassino

Una zona che grazie alla sua conformazione, essendo stretta da due linee montuose, rappresenta una sorta di imbuto, in cui per millenni l’uomo sceglieva di passare per evitare le salite e le discese montuose, per raggiungere facilmente dalle coste l’entroterra ausono, e viceversa.

statua ausona

Prima di giungere a parlare degli ausoni- aurunci vale la pena parlare della parola Coreno, essa secondo le tesi più accreditate viene descritta attraverso 3 diverse teorie, la prima fa derivare il toponimo da kora, o proserpina dea della fertilità ctonia; la seconda teoria, dalla clava di ercole, korune ; e l’ultima da “terra del vino”, il cecubo o falerno vino antichissimo della zona, che però sembra meno calzante delle altre.

kora

C’è quindi la possibilità di individuare questo toponimo come il luogo in cui fosse un tempio di kora-e, Cora, dea della fertilità , oppure con il tempio di Ercole, o Eracle, colui che brandiva la clava nelle sue fatiche narrate in tutto il mondo antico.

melqart-eracle-ercole

Ecco, da qui mi sembra giusto partire per una serie di considerazioni che ho compiuto fin ora, anche avvalendomi di alcuni testi suggeriti sul territorio di coreno e di diverse scampagnate compiute in loco di cui il video allegato a fine articolo.

In effetti, alla base di questo report va posta in primis l’opera di due scittori, dei quali uno era anche archeologo e l’altro puro appassionato del territorio intitolata: “Città scomparse della ciociaria” di Antonio Giannetti e Angelo Berardi.

Due le strade che approfondiremo, la prima presuppone un tempio, un luogo di culto per una dea, la dea k-Cora, la quale era sposa di ade (re degli inferi), regina degli inferi, soggiornava nell’oltretomba per alcuni mesi all’anno e sulla superfice terrestre i restanti, simboleggiava propriamente l’alternanza delle stagioni, così come persefone greca era la romana cerere, e proserpina sua figlia romana era la kora greca, non lontana e assimilabile anche al culto di Feronia a Terracina, tute loro sono divinità assimilate tra loro e tutte definite ctonie, perchè la leggenda che le riguarda le pone come divinità che legate alla terra ed al cielo.

Il legame con le messi, i sacrifici e i riti stagionali, e cosa legherebbe la figlia della dea della fertilità dei campi con Coreno Ausonio?

C’è per caso qualche luogo che possa far pensare ad un luogo di culto di una divinità femminile legata alla terra sia al mondo sotterraneo sia al mondo delle messi?

A ben vedere esiste un luogo bellissimo proprio nel territorio di Coreno che fa pensare per le sue caratteristiche ad un luogo di culto ipogeo legato alla fertilità , allo scorrere delle acque.

tratto dal libro “città scomparse della ciociaria”

La grotta delle fate o grotta focone, essa si trova ubicata a due passi dal santuario della madonna del piano di ausonia ma nel territorio di Coreno, in mezzo alle cave del famoso marmo Royal che da sempre ha caratterizzato i commerci e la manodopera di questi luoghi narrati.

nella cava ormai abbandonata c’è una cavità una grotta, che oggi non è facile da percorrere, si inoltra dal costone della collina verso il ventre del colle, all’interno del ipogeo scolpito si trova un fantastico blocco di marmo, cavato a formare una vasca di ottima fattura che ancora desta stupore e meraviglia in quanto non si è mai riusciti a porvi alcuna certezza nè per datazione nè per appartenenza ad alcuna cultura o stile tipico.

Secondo gli studiosi sopra citati, la conformazione delle rocce all’interno della grotta darebbero l’idea di essere, in passato, stato attraversato da copiose acque, tanto che si potrebbe constatare la pietra levigata dai secoli per effetto della corrente delle acque filtrate dalla collina, per questo motivo vale la pena fare una riflessione , ancora oggi l’acqua percorre lo stesso percorso, se pur a quota più bassa, e affluisce nell’ausente, che quindi aveva la valenza dell’elemento idrico per eccellenza, capace di irrigare la valle, proprio come si addice alla divinità della fertilità.

La seconda strada da percorrere invece, quella che parla della clava di ercole (korunè), è altrettanto suggestiva ed è forse ancora più gloriosa, da diversi storici affiora il ricordo della strada detta di ercole che proprio da interamna linares partiva e giungeva sull’appia, nel territorio di minturno in forza del percorso dei riti e dei templi dedicati all’eroe divenuto dio.

Su Ercole- Eracle apriamo una breve parentesi, infatti ad Ercole i nostri popoli laziali sono legati indissolubilmente da sempre, di qui diviene imperativo fare alcuni ragionamenti, come mai il culto di ercole secondo molte tesi esisteva già a roma prima della crescita esponenziale di roma ?

Secondo i grandi autori latini e greci come Tito Livio ed altri, infatti a Roma esisteva il culto di ercole da sempre, da quando la città ancora era solo quella divisa in sette colli, in seguito con la crescita della civitas si andarono a sovrapporre le figure dell’ Eracle greco eroe ed il dio romano.

Eracle, inoltre sembrerebbe derivare dalle storie fenicie riguardanti il dio detto melqart , i fenici erano assidui nel culto e nel costruire templi nei punti di maggior interesse geografico al loro dio eroe. Ad esempio i fenici fondarono il tempio di melqart a Gades ossia Cadiz, sul quale troverete spunti di storia in un altro articolo di questo sito, proprio lì, poi i cantori greci fecero nuovamente combaciare i culti, con quelli dei fenici, innestando la storia della 10 fatica tra Eracle e Gerione, il gigante tricefalo che possedeva le rosse giumente ed i tori migliori del mondo.

su questo si dica pure che il rame, l’oro rosso, della penisola iberica fuso in lingotti a pelle di bue, fecero la gloria e la disfatta dei tartessici nei confronti delle nuove civiltà che ormai conquistavano il mediterraneo, in rassegna dopo i fenici, i liguri, i greci, i tirreni, i punici, i sardi , i romani.

lingotti a pelle di bue

Quindi Ercole ed il suo culto si fusero come quella unica via di religione condivisibile da tutti i popoli delle antichità, la decima fatica dunque citava la conquista del mondo ellenico delle coste atlantiche e delle ricchezze dei metalli più ricercati e utilizzati man mano nelle epoche in cui, proprio questi materiali, si andavano diffondendo.

Ercole con i buoi rossi, probabilmente i lingotti di rame, tornato in italia trova nel lazio ristoro da Evandro, re latino, e Caco (mostro generato da Vulcano, residente nel latium primitivo ed anche in una grotta dell’aventino) gli ruba parte delle bestie, in questo momento di contatto tra leggende è facile intuire che l’episodio potrebbe rimandare a qualcosa di più articolato, ossia la presenza nelle tradizioni dei popoli del lazio, già gli autori come virgilio tentarono di unificare con la venuta di troiani e greci (ormai già divenuta consuetudine storica ai tempi) a fondersi con gli aborigeni per descrivere l’articolato mondo antico del centro italia, di certo esistevano per esser già riconosciuti e rispettati dai primi poeti latini, probabile che vi fosse riconoscimento dei popoli tramandati già da parte dei cantori greci e della cultura antica.

tale riconoscibilità di popolazioni antiche potrebbe basarsi anche sulla reale esistenza in loco di simili regni, stati con leggi e rituali sacri, frutto di precedenti spostamenti non più citati nella storia scritta.

Devo ammettere che Coreno Ausonio desta un incredibile fascino anche per ulteriori terrazzamenti costruiti in opera poligonale, che si rinvengono nella valle che scorre verso il mare, a ben vedere per l’ennesima volta la nostra italia mi ha stupito, e tra le due tesi mi piace pensare fosse più consona quella della cora degli ausoni che la clava degli ausoni..

In allegato il video sulla chiesa di valle fratta, Santa Maria in Correano e su alcuni altri terrazzamenti in opera poligonale , con pozzi e descritti come antiche domus rinvenuti nei dintorni della città

continua….

cadiz, gadir, gades,erizia, heritheya,eritia, l’antico approdo che unì i popoli dei due mari

la cattedrale googlesearch

Posta nella zona sud della spagna che con le proprie sponde tocca l’oceano atlantico lo splendido golfo di Cadiz con le torri della sua cattedrale svettano alla vista dei naviganti da centinaia di anni, e non è davvero difficile immaginarne le diverse epoche da quelle più recenti in cui cadiz era primo porto per i commerci con le americhe, e più a ristroso quando cristiani e musulmani guerreggiavano sulle barche e sulla terra ferma.

resti gades-Cadiz

Per primi i fenici intesero, secondo le teorie più seguite, fondare qui un porto un tempio ed una città. i commerci la via di sviluppo marittima che rese celebri i popoli del mare , i fenici, poi i punici, i dolmen dei popoli del nord e le tholos del mondo ellenico, gli stone circle e i menhir, il contatto con tartesso, forse l’antica atlantide.

ricostruzione di atlantide google search

Queste le tantissime caratteristiche che fecero di questa zona una zona ricca e civilizzata capace di forgiare con tecniche raffinate i metalli che poi transitavano nei commerci del mediterraneo, così come descrisse erodoto, i popoli che vivevano sulle sponde del lago ligustino o ligure, così chiamato perchè appunto i liguri furono secondo i latini i popoli che ebbero in questa zona il maggior impatto sociale .

Allora appare difficile ricostruire il quadro senza pensare alla via dei dolmen edifici disseminati proprio nell’entroterra iberico, km all’interno del paese dalla costa atlantica da nord a sud oggi combaciante da nord a sud vicino al confine tra spagna e portogallo.

da notare in alto a destra la pittura rupestre molto simile all’uomo a phi di sezze arnalo dei bufali

quella via che immaginariamente in tanti porta a pensare che dalla zona dei celti gli antichi ingegneri megalitici percorsero nella loro conquista di territori lontani portando le conoscenze dei popoli del nord verso il sud.

dunque qui si andavano incontrando le grandi civiltà del passato quella mediterranea e quella atlantica, e probabilmente durante la prima fase di consolidamento dei contatti tra lontani commercianti del mare, nacque e si sviluppo tartesso, poi i liguri, sicuramente i greci, gli etruschi, i punici, i tirrenied infine i romani, tutti interessati allo sbocco atlantico ed alla conquista della rotta dei dolmen.

statuina con uomo pesce Dagon, padre di Baal, compagno di feronia,progenitore di melqadec P.Ruggeri www.megalithic.it

quello che colpisce se si percorre ora la valle del guadalquiivir, una volta affluente del lago ligustino, è l’idea che proprio in quelle terre calde e arse dal sole prima esistesse un enorme bacino che nel corso dei secoli si è ristretto ed ha lasciato molti specchi lacustri intatti ancora oggi imbottigliati tra i monti e nelle pianure che a causa del surriscaldamento globale stanno tornando alla luce.

il giacimento archeologico riaffiorato solo recentemente in extremadura veldecanas en caceres

stessa situazione nellla zona più a nord, nell’extremadura ad esempio stanno riaffiorando dolmen e menhir, stonecircle ignorati per secoli in quanto prima rimasero sommersi dai tanti stagni e laghetti ormai privi di acqua affluente data la continua crescita del calore durante gli anni.

museo di Cadiz p.ruggeri www.megalithic.it

Eritheia o Eritia il nome che gli antichi greci diedero all’arcipelago di Cadiz, l’isola che ospitava il gigante Gerione, figlio di Crisaore e Calliroe, nato con due gambe e tre trochi, con tre teste, egli possedeva i tori e le giumenche migliori del mondo, secondo la tradizione, Gerione ed il suo popolo allevavano i tori alimentandoli anche con carne umana, i tori erano al pascolo con il cane Ortro ed il pastore Euritione, questo il motivo della bontà dei capi, alla venuta di ercole-eracle, tutti vennero sconfitti e i tori vennero riportati nella grecia passando proprio nel antico latium.

Cadiz colpisce nell’insieme dei suoi luoghi, fantastica spiaggia è “la caleta”, che si è posata proprio sul canale fenicio che venne usato come approdo, e nell’isola posta all’estremità della terra ferma gades, che oggi ospita il castello medievale di san sebastian, i fenici fondarono un tempio a Baal, divinità spesso accoppiata con Feronia in tempi più recenti di cui anche a terracina si innalzo un altare di cui ancora esistono resti.

necropoli fenicia in fase di scavo trovata accanto alla cattedrale di Cadiz P.ruggeri www.megalithic.it

la cattedrale si staglia nell’orizzonte e sul mare, una città da visitare soprattutto se si vole capire l’incrocio di civiltà caratteristiche dell’andalucia.

di seguito alcune immagini ed il video report del nostro passaggio…

continua..

dolmen de soto (trigueros-huelva-spain)

nei tanti viaggi che facciamo ci siamo ritrovati a percorrere una strada che ci ha portato verso nuove ed entusiasmanti riscoperte, in questo viaggio all’estremo sude ovest dell’europa, nella provincia di Huelva a Trigueros, siamo quindi tornati all’epoca protostorica della penisola iberica, precisamente siamo in piena andalusia a pochi km dall’oceano atlantico, in una regione che un tempo fu detta di Tartesso, ossia la civiltà del delta del Guadalquivir.

In questo primo piccolo reportage amatoriale, parliamo del dolmen de soto, uno dei dolmen rimasto visibile e in perfetto stato di conservazione, con un corridoio costituito di megaliti, che sarebbe servito come camera funebre di qualche abitante illustre della zona.

p.ruggeri www.megalithic.it

il dolmen in realtà dall’esterno sembra proprio un tumulo a tholos, ossia una specie di piramide conica che raggiunge meno che 5 metri dal piano del calpestio, non costituita da massi all’esterno ma solo ricoperta da terra, con un apertura orientata verso gli equinozi un segno che certifica la capacità di calcolo astrale e la tecnè costruttiva in grandi massi per costituire tumuli ipogei nelle distese pianure dell’antica iberia.

il dolmen rimasto in splendida forma è aperto al pubblico ed è stato sistemato all’interno per consolidarne le architetture ed essere reso fruibile al pubblico. il dromos, corridoio costituito di menhir che reggono lastre pesanti tonnellate ricordano la tecnica semplice trilithon, non vi sono incastri poligonali visibili e la struttura del corridoio e poi ricoperta di semplice terra rossa, la stessa della zona.

fu scoperto nel 1920 e porta da allora il nome dello scopritore (De Soto) e degli 8 corpi tumulati con i propri corredi purtroppo non v’è più alcuna traccia a causa di un sacco perpetrato da ignoti dopo la scoperta. ilperimetro che si innalza dal piano del calpestio è di circa 80 metri, molto ampio ed il corridoio interno lungo 51 ne fanno un monumento unico nella zona.

l’interno è impressionante, su quasi tutte le pietre sono presenti incisioni, si è anche compreso che alcuni materiali incisi sarebbero stati riutilizzati per costruire il tumulo stesso da un precedente tumulo andato distrutto, per questo alcune incisioni sono state datate addirittura al 6000 a.c.

a questo link in spagnolo davvero approfondito e utilissimo si trovano i resoconti dello studioso tedesco che svolse gli scavi sul dolmen e potrete consultarli per approfondire

https://ddd.uab.cat/pub/bolsocespexc/bolsocespexc_a1924m3v32t1.pdf

intanto vi posso riassumere che il dolmen fu ricostruito probabilmente con alcune pietre già parte un circle un cerchio sacro che corrisponderebbe al diametro odierno, all’interno le figure e le coppelle incise sulle pietre erano colorate di rosso, tale tecnica risulta uguale al pittogramma di arnalo dei bufali ed il suo “uomo a phi”. somiglianze anche con le incisioni trovate ad esempio a laconi- Oristano, in sardegna.

secondo le tesi più illustri non vi sono basi per poter smentire o accertare positivamente la vicinanza tra tartesso e il dolmen secondo molti infatti pur essendo collocato proprio a ridosso del delta del guadalchivir in molti pensano che il dolmen fosse di molto precedente alla cultura tartessica.

di seguito un breve video amatoriale del nostro viaggio.

continua…

palestrina e la sua acropoli: castel san pietro romano

Una volta giunti a Palestrina verrà semplice notare che la città fu davvero un crocevia importantissimo fin dall’inizio della nostra storia, infatti essa rimane collocata ai piedi dei massicci dell’appennino verso la pianura della campagna romana e in particolare anche della valle del sacco, vicina al mare che nei giorni in cui il cielo è terso apparirà all’orizzonte non troppo lontano.

La città ancora oggi ha una storia illustre fortemente testimoniata dalle sue chiese e architetture in primis dal palazzo Barberini divenuto poi sede del museo di palestrina , in passato luogo sacro in cui veniva costruito il tempio della dea fortuna.

A Palestrina, come testimoniato dai tanti corredi funebri raccolti in zona ormai giacenti nelle teche del museo e nei suoi dintorni dunque, si incontravano tutte le civiltà, le stesse che poi diedero vita alla civiltà romana, le tante suppellettili rinvenute testimoniano la svariata complessità del mondo antico, in cui già divenivano chiari i commerci tra le civiltà del mediterraneo ed anche quelle fuori di esso, dalle sue montagne transitavano le greggi che scendevano a valle dagli appennini, e lungo i suoi percorsi nell’età del ferro e del bronzo, la zona brulicava di antichi guerrieri e sacerdoti.

Tra i primi abitanti loro, sicuramente vi furono i discendenti dei creatori di mura poligonali, che intesero trasformare la città e tutta la parte del monte che ha sulla sommità l’acropoli, una fortificazione sacra veramente impressionante, immaginate un intero versante di montagna disseminato dal passaggio del percorso sacro, un po’ come per monte cassino ad esempio.

Oggi per vederle basta recarsi a Palestrina, in via del borgo seguire il cammino sacro e salire sulla città di castel san pietro romano. esse si stagliano lungo la parete montana che discende verso la pianura e raggiungono il borgo in pianura abitato fin dai tempi più remoti,la città di Palestrina, alle basi di quello che era il santuario della dea fortuna, sembra quasi di poter immaginare ai loro tempi i cittadini dediti ai riti durante le antiche cerimonie religiose degli autoctoni e dei romani poi.

nel video il panorama e le mura viste da vicino con il drone , si tratta di un pezzo di fortificazione che scende quasi perpendicolarmente all’orizzonte seguendo il profilo della montagna, per molti versi assomiglia al tracciato che si trova a segni.

continua…

Sezze Megalitica

…guardate, in piena onestà…, andrebbe fatta una gran bella analisi storica su Sezze(Lt), l’antica Setia, ma non tanto sul periodo che va dalla fine del III° sec. a.c., in poi, quando cioè Roma si arricchiva del contributo delle genti ufentine di Sezze, bensì proprio da prima della conquista dei romani, a ritroso.

Non riesco a scriver su questo taccuino virtuale tutte le domande che mi sovvengono sulla posizione di Sezze nonostante le mie indagini sulle zone limitrofe abbiano poi rilevato interessantissime scoperte sulla geomorfologia del territorio che infine si presta ad innumerevoli aree sacre archeologicamente rilevanti .

mappa con alcuni riferimenti archeologici p.ruggeri www.megalithic.it

Purtroppo la mia conoscenza è molto limitata sulla città e le sue leggende locali, ma per iniziare andrà comunque condivisa una prima parte di ricostruzione storica ed archeologica, vista la sua straordinaria importanza, nella collocazione di mura di cinta cittadine di tipo poligonale megalitico, riscontrabili già con una semplice e gratuita visita tra le vie della città.

muraglione poligonale, Via Cavour, Sezze (Lt), www.megalithic.it

Varie e diverse opere murarie oggi si presentano collocate lungo strade che ancora scorrono e vengono percorse così come avvenne all’alba della nostra storia, Sezze città che risiede su uno sperone di roccia calcarea lavorato e livellato secondo la saggezza dei popoli costruttori di città megalitiche, è uno scrigno di antichità e cultura.

Sezze (Lt), Via della Fanfara, resti di muraglione megalitico poligonale con lavorazione dei massi stile bugnato

Nel piccolo museo cittadino, sono molti i manufatti antichi e le testimonianze archeologiche della antichissima frequentazione del luogo, un luogo incredibile se si pensa che dalla città si scende tra sorgenti , vulcani, e piccoli gran canion, grotte preistoriche, cave con impronte di dinosauri, etc. etc…

alcuni reperti nel museo di Sezze p.ruggeri www.megaliithic.it

Ricca la collezione di epoca romana, da visitare nelle meravigliose stanze del palazzo comunale, ma ciò che ci guida è la collocazione di diverse cinte murarie e terrazzamenti veramente incredibili, si pensi ai resti di una domus con fondamenta in opera poligonale con pozzo sacro a tholos che è stata rinvenuta nella valle, o quelle mura che si stagliano nel panorama in cui si creò la città antica, città esistente quindi ben prima dei romani.

breve video sulla porta di Sezze e la sua muraglia megalitica

Sezze, città in cui si eresse un tempio a Saturno, dove i muri sono lavorati in tanti stili diversi, dallo stile bugnato a quello liscio per non permettere al nemico di trovare appigli all’assalto, una città che ancora vive in pieno la sua storia gloriosa, come ferentino, alatri, veroli, segni, città immortali.

da google search

La corrispondenza tra il vulcano e la fonte Feronia che da Sezze poteva essere controllata, potrebbe disegnare un sistema unico tra i riferimenti sacri dell’ area, la fonte sul mare dedita a Feronia come dea della luna celeste opposta al vulcano, della divinità ctonia di Sorano, con il suo potere incentrato nelle viscere della terra, nelle grotte e nei vulcani, sulla sua collina potrebbero essere ritrovati i resti di una antica zona sacra, ancora non rinvenuta ma ipotizzata da molti archeologi, soprattutto perchè da Sezze verso la zona detta ceriara così chiamata probabilmente per riferimento a cerere, si accede attraverso una sola via, chiamata Via Sorana ancora oggi, che risulta essere l’ unico accesso dalla città verso la zona del vulcano setino, e le grotte di ceriara, una corrispondenza molto curiosa da interpretare.

in conclusione va ricordato che proprio sotto la città di Sezze guardando verso ovest dove inizia la piana, si trova la grotta dell’uomo a phi, che attesta ulteriore frequentazione preistorica per la quale si rimanda ad una breve precedente digressione nell’articolo dedicato alla fonte feronia …

continua…..

il tumulo di corvaro (RI)

Corvaro Rieti P.Ruggeri www.megalithic.it

Una stupenda testimonianza di una civiltà passata con capacità costruttive tipiche della storia dei popoli italici pre romani si può facilmente visitare proprio al confine tra lazio ed abruzzo, il Tumulo di Corvaro e la sua necropoli.

La montagnola sacra dei defunti aristocratici, guerrieri del centro italia, dove in seguito alla venuta dei romani si continuava a seppellire i cari defunti delle genti che abitavano il cicolano.

http://www.rietilife.com/2016/12/06/borgorose-apre-museo-archeologico-del-cicolano/

Il tumulo ha un diametro molto ampio descritto da splendide lastre ancora in posizione verticale lungo il perimetro nonostante i millenni passati ed i cercatori di tombe che lo scoprirono per primi, una struttura di cui si è davvero parlato troppo poco.

Se ne dovrbbe invece tenere alto il continuo ricordo come esempio di civiltà ad alta tecnologia si direbbe su quanto esprime riguardo geometrie architettoniche funerarie, certamente preromana.

Bella testimonianza che si pone quasi in pieno contrasto con la teoria e la tesi che va per la maggiore, ossia bollare tutto ciò che ha di spettacolare un tumulo di questo genere in pieno appennino laziale, come qualcosa di già visto, non per Corvaro, vista la sua unicità e la distanza dai tumuli del litorale tirrenico.

a dire il vero a vedere le due sfingi tra i corredi rinvenuti viene proprio da pensare che un tempo se anche qui si parli solo di equicoli, così chiamati dai latini romani, in realtà anche qui ci fossero guerrieri etruschi o simili

Basti ricordare che nonostante le mappe siano ormai divenute diverse il tumulo sorge probabilmente non troppo lontano dall’antico profilo geografico del lago del fucino, tantissima la ghiaia tutta intorno al tumulo, ed alba fucens, proprio nella rotta dell’altipiano e della valle che si apre verso sud da Corvaro.

Un legame troppo spesso dimenticato ci collega direttamente con le civiltà preromane dalle sponde tirreniche, dai passi di Cassino e Atina, alla zona confinante a sud di roma, dal cicolano, fino alle mura di alba fucens quelle che nonostante ci si affanni a dire che sono romane, sono di tipo megalitico poligonale, ma vengono datate a tempi che sembrerebbero troppo recenti, mentre a dire il vero se si guardasse da Corvaro verso quelle mura a sud, verrebbe di certo logico accostare le opere, almeno per retrodatare le architetture poligonali, differenti per funzione ma vicine per fondazione e logica costruttiva, ad alta tecnologia per i tempi.

un tumulo che sicuramente fu zona di sepolture sacra per centinaia di anni, infatti le 360 tombe raccontano un periodo che va dal XII° sec. a.c. fino al III° sec. d.c., completate dai corredi funerari forse tra i più belli del lazio, gran parte di questi sono esposti nel museo di corvaro aperto solo venerdi, sabato e domenica, mentre i pezzi di pregio sono stati portati al museo Pigorini di Roma.

una collana del corredo funerario al museo di corvaro

la conformazione del tumulo attualmente visitabile, risulta priva della terra di riempimento, il fatto quindi se da un lato priva l’architettura sepolcrale della sua connotazione esterna visibile al visitatore, dall’altro rende tangibile il sistema di costruzione interno, con lo scheletro fatto a raggi, senza soffitto, si notano i filari di massi diretti in linea retta dal peirmetro verso il centro, 12 filari in totale, al centro la sepoltura originaria, un rettangolo di lastre su ogni lato mancante solo del coperchio, le lastre sul perimetro ancora in posizione verticale restano conficcate nel terreno.

viene spontaneo chiedersi il perche delle 10 linee di massi, anche se a vedere meglio due file sembrerebbero mancati ma dalle foto aeree sembra che in precednza ci fossero, molto spesso infatti nei tumuli di pari grandezza disseminati nella zona europea ne esistono di molto simili ?

sulla direzione dei filari di pietre bisogna pensare che non sono equidistanti le une dalle altre, ogni filare sembra tracciare una direzione una strada, non sono riuscito a trovare un indagine archeoastronomica redatta per poter citare anche eventuali allineamenti, ma ritengo che il tumulo fosse orientato e collegato non solo al sole ed alla luna, ipotizzo che anche i raggi della struttura interna sottintendano a qualche costellazione sacra per il popolo che lo realizzò.

rappresentazione grotta del cavaliere Alzano (RI)

C’è da aggiungere che il legame con la civiltà dei muri poligonali megalitici appare nel racconto dei luoghi con l’antico santuario chiamato tomba del cavaliere conosciuto già dai tempi del dodwell, fin dalle sale museali, segno che la vicinanza tra i manufatti non fosse casuale.

Alatri: pelonga, le mura

Le mura di cinta megalitiche poligonali di alatri sono tra le più celebrate nel Lazio ma non tutti sanno che le mura di alatri possono essere viste anche oltre il limite del percorso del centro storico.

pelonga mura

Infatti si trovano altre mura anche sul monticello accanto al monte sul quale sorge il centro e l’acropoli di Alatri, in direzione di Frosinone, mura poligonali megalitiche di eccezionale valore, esse furono al centro di un indagine accurata che si può leggere nel libro pelonga di due autori alatrensi (boezi etc…)

il monte sulla cui sommita si trovano le mura



ptpr lazio

Il piano della colina prospicente ad alatri, ha sulla sua sommità un bellissimo bosco e chiare formazioni carsiche disseminate sul terreno; (alcune delle quali potrebbero essere ritenute sacre?)

In effetti la zona sembrerebbe rimandare ad una zona sacra, la sua collocazione sull’apice della collina, la tendenza del terreno ad essere piano, forse una zona dedicata a qualche divinità, forse una necropoli, vale la pena ricordare che nella storia della zona quella collina fu sempre adibita a bosco, mentre proprio al suo confine nord esiste un antico monastero/chiesa, oggi sconsacrato, adibito a stalla, ed infine sempre nella stessa zona furono trovati i resti di un antica torre.

mura pelonga

la zona delle mura non è visibile da Alatri, perchè è eretta nella discesa che guarda verso Frosinone, la fattura è bellissima, tutta la zona che degrada a valle è coltivata a ulivi e i muretti a secco in alcune zone sembrano vere e proprie mura.

Inoltre tra i muretti e gli ulivi si scorgono diversi cumuli di pietre, due sono proprio limitrofi alla zona delle mura, sono larghi 4,5 metri alti per lo piu 2,5 metri, sulla sommità si scorge un buco centrale.

la zona con il filo di mura che sale fino ai 2,5 metri di altezza, si congiunge con altre tessiture a formare una intercapedine quadrata ormai completamente dissestata ma li le mura sembrano proprio combaciare alla torre descritta nella cartina del ptpr regionale riportato in alto

muretti a secco molto simili alla tessitura poligonale
cunetta probabile ingresso
cumulo di rocce
probabile resti torre

cosa potesse esserci su quella collina circondata da mura? probabile un castrum preromano, a difesa di alatri verso la valle del sacco, una postazione poi abbandonata e apparentemente rimasta alle intemperie per migliaia di anni resistendo a tutto.

da quel punto in effetti vengono ben visibili tutte le vie di comunicazioni tra valli e pianori, valli e monti. una postazione perfetta per controllare i l territorio, fortificata siul lato meno difendibile dove una volta si alzava una torre in opera poligonale.

La fonte di acqua più vicina non dista molto dalla linea muraria, una valle in cui furono rinvenute diverse tombe preromane il luogo sicuramente fu abitato e difeso ma molto tempo prima l’arrivo dei romani.

Come sempre, continua…