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il pozzo sacro di Perfugas

Sardegna, provincia di Sassari, mi sono recato in quel che fu territorio dei balari, la popolazione nuragica del nord della sardegna e sono giunto nella città di Perfugas.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Predio Canopoli

La storia della città è raccontata dal suo nome e dalla sua conformazione geografica prima ancora che dai suoi tanti reperti, in quella zona non lontano una tomba di giganti e domus de jana, come in tutta la zona nord della bellissima sardegna.

Arrivati al centro del piccolo paesino, giacente su una collinetta che si innalza su un territorio a carattere paludoso, rimane lontano da grandi città ed immerso nel verde coltivato dei dintorni, per le sue caratteristiche fu sfruttato anche come castrum dai romani.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Predio Canopoli

Proprio al culmine della collina esiste la chiesa di Santa Maria degli Angeli, e proprio li sotto, ormai in bella vista, senza alcuna protezione dagli agenti atmosferici, un antico pozzo sacro rimasto ancora in buono stato chiamato di Predio Canolpoli

Il pozzo è bellissimo, rappresenta la tecnè dei pozzi sacri sardi nel suo massimo splendore, le pietre incastonate con incastri perfetti donano all’opera una perfezione architettonica in cui vengono posti in risalto l’interazione tra gli esseri viventi della terra tra i quali spicca l’uomo, e l’acqua la terra ed il cielo.

La terra che ha dato i natali ad un grande archeologo Giovanni Lilliu e che si contraddistingue per i tanti ed unici ritrovamenti antichissimi, come la zona sacra di monte d’accodi, ormai conosciuta come la “zigurat” della sardegna, i tantissimi nuraghe presenti su tutta l’isola, inoltre tra le sue peculiari testimonianze di un periodo che si attesta tra il XII° sec. a.c. e l’VIII° per i rinvenimenti effettuati su oggetti di quelle età ritrovate durante gli scavi dei cosiddetti pozzi sacri.

Pozzi sacri dunque come opere idrauliche architettoniche disseminate in tutto il territorio sardo capaci di destare a distanza di migliaia di anni stupore nei visitatori per la perfezione delle costruzioni e per il forte simbolismo posseduto.

p.ruggeri www.megalithic.it pozzo sacro Santa Cristina

Il più famoso sulla rete, da qualche tempo è il pozzo sacro di Santa Cristina, sul quale torneremo più in là, una sorta di eccezione tra le eccezioni per la sua complessità e bellezza, ma intanto guardando al fenomeno davvero intrigante per la zona del mediterraneo, in sardegna si contano numerosi pozzi sacri di simili fattezze che spesso hanno le identiche finalità e le medesime forme.

Ricorrente il disegno di “forma a toppa di chiave“, tipica nel mediterraneo, comune al simbolo di tanit anche nelle baleari, certamente punica-fenicia, ma presente sotto altri presupposti anche in giappone come nel caso delle tombe dei reali (Kofun), forma percepibile solo se vista dall’alto, in questo caso la sezione di Perfugas ci permette di vedere dove al cono tronco del pozzo corrisponde la discesa in ingresso nella cisterna tholos gli scaloni sono, ancora oggi dopo più di 3mila e rotti anni, ben delineati potrebbero raccontare nella loro struttura un linguaggio numerico simbolico ancora da svelare.

Il cono rovescio dell’opera chiaramente sembra una raffinata esecuzione di un opera simbolica di antichissima fondazione, i costruttori di torri, i tirsenoi? furono loro i costruttori? in effetti erano attestati proprio nel mediterraneo e in qualche modo si accomunavano con tante altre culture tra le colonne d’ercole ed il tirreno.

La cupola a tholos chiude solo alcuni pozzi sacri ancora oggi, li dove e rimasta in piedi, mostra l’uso sul suo centro della volta del soffitto a tholos di posizionare una pietra che permetteva di essere rimossa a piacimento per far divenire la pozza di acqua un ottimo schermo di quanto le stelle stessero facendo nel cielo notturno…

http://www.unife.it/architettura/lm.architettura/insegnamenti/storia-dellarchitettura-antica-e-medievale/materiale-didattico/materiale-didattico-2017-18/materiali-lezione-2-07-03-18

Torri, di tutti i tipi aperte o chiuse, appaiono anche nei villaggi talayotici delle baleari simili alle torri dei nuraghe sardi, ed alle torri tirrene in opera poligonale, rinvenibili a Cosa vicino ad Orbetello o in altri posti più centrali e meno legati al mare della penisola come ad Aquino che come i talayot a volte erano di base quadrata.

Nei pozzi sacri la somma architettonico-simbolica acquisisce il massimo della sua resa artistica, le pareti incastrate sono perfettamente levigate, i materiali perfettamente lavorati siano essi di pietra calcarea o di pietra basaltica, una capacità di scalpellare che ci fa rimanere attoniti.

A Perfugas venne ritrovata nel pozzo una statuina di un piccolo toro in metallo del VI° sec.a.c., proprio nel suo interno con altri oggetti, che ne testimoniano l’uso in diverse epoche, anche i romani intercettarono poi la vena acquifera del pozzo in un secondo momento storico.

una particolarità che ormai segna il dibattito di amanti e studiosi riguarda la presenza delle bugne laterali a forma di mammelle, sui blocchi esterni dell’opera lungo il bordo esterno del perimetro, bugne del tutto identiche a quelle trovate in egitto, in grecia, in america del sud, messico, peru, un elemento che faremmo bene ad approfondire…

gli 8 scalini che portano a scendere fin dentro il pozzo sono bellissimi nel caso di perfugas come in tutti i pozzi ma variano nelle misure, la costante che si può rintracciare facilmente è che in tutti esse sono via via più strette andando dall’alto verso il basso, forse proprio perchè come nel disegno di tanit il triangolo che si congiunge al cerchio è un principio che va applicato in questa architettura sacra.

Esistono pozzi di identiche fatture in altre parti del mondo e ovunque vengano ritrovati sembrano oggetti fuori dal mondo in quanto sembrano far parte di punti di riferimento geografici incollegabili fra loro, ad esempio ne esisterebbe uno in inghilterra, e uno in bulgaria, ma se parliamo di tholos con acqua anche a sezze…..

di seguito alcune immagini riprese nell’ultimo viaggio in sardegna buona visione.

continua….

Coreno ausonio, la grotta delle fate e la via ercolanea

Perchè andare lontano a cercare le meraviglie dell’archeologia quando si vive nel centro italia, la zona forse più ricca di reperti nascosti e in bella vista, l’unica al mondo in cui i paesi restano conficcati nelle maestose cinte murarie preromane che ancora una volta non riusciamo ad indentificare con le giuste ricostruzioni.

lastrone di marmo con incisione latina di coreno ausonio

Questa volta ci siamo addentrati lungo il bellissimo passo che collega la piana della costa tirrenica laziale di Formia-Minturno con l’entroterra ciociaro della provincia di Frosinone, ossia Pignataro interamna e Cassino

Una zona che grazie alla sua conformazione, essendo stretta da due linee montuose, rappresenta una sorta di imbuto, in cui per millenni l’uomo sceglieva di passare per evitare le salite e le discese montuose, per raggiungere facilmente dalle coste l’entroterra ausono, e viceversa.

statua ausona

Prima di giungere a parlare degli ausoni- aurunci vale la pena parlare della parola Coreno, essa secondo le tesi più accreditate viene descritta attraverso 3 diverse teorie, la prima fa derivare il toponimo da kora, o proserpina dea della fertilità ctonia; la seconda teoria, dalla clava di ercole, korune ; e l’ultima da “terra del vino”, il cecubo o falerno vino antichissimo della zona, che però sembra meno calzante delle altre.

kora

C’è quindi la possibilità di individuare questo toponimo come il luogo in cui fosse un tempio di kora-e, Cora, dea della fertilità , oppure con il tempio di Ercole, o Eracle, colui che brandiva la clava nelle sue fatiche narrate in tutto il mondo antico.

melqart-eracle-ercole

Ecco, da qui mi sembra giusto partire per una serie di considerazioni che ho compiuto fin ora, anche avvalendomi di alcuni testi suggeriti sul territorio di coreno e di diverse scampagnate compiute in loco di cui il video allegato a fine articolo.

In effetti, alla base di questo report va posta in primis l’opera di due scittori, dei quali uno era anche archeologo e l’altro puro appassionato del territorio intitolata: “Città scomparse della ciociaria” di Antonio Giannetti e Angelo Berardi.

Due le strade che approfondiremo, la prima presuppone un tempio, un luogo di culto per una dea, la dea k-Cora, la quale era sposa di ade (re degli inferi), regina degli inferi, soggiornava nell’oltretomba per alcuni mesi all’anno e sulla superfice terrestre i restanti, simboleggiava propriamente l’alternanza delle stagioni, così come persefone greca era la romana cerere, e proserpina sua figlia romana era la kora greca, non lontana e assimilabile anche al culto di Feronia a Terracina, tute loro sono divinità assimilate tra loro e tutte definite ctonie, perchè la leggenda che le riguarda le pone come divinità che legate alla terra ed al cielo.

Il legame con le messi, i sacrifici e i riti stagionali, e cosa legherebbe la figlia della dea della fertilità dei campi con Coreno Ausonio?

C’è per caso qualche luogo che possa far pensare ad un luogo di culto di una divinità femminile legata alla terra sia al mondo sotterraneo sia al mondo delle messi?

A ben vedere esiste un luogo bellissimo proprio nel territorio di Coreno che fa pensare per le sue caratteristiche ad un luogo di culto ipogeo legato alla fertilità , allo scorrere delle acque.

tratto dal libro “città scomparse della ciociaria”

La grotta delle fate o grotta focone, essa si trova ubicata a due passi dal santuario della madonna del piano di ausonia ma nel territorio di Coreno, in mezzo alle cave del famoso marmo Royal che da sempre ha caratterizzato i commerci e la manodopera di questi luoghi narrati.

nella cava ormai abbandonata c’è una cavità una grotta, che oggi non è facile da percorrere, si inoltra dal costone della collina verso il ventre del colle, all’interno del ipogeo scolpito si trova un fantastico blocco di marmo, cavato a formare una vasca di ottima fattura che ancora desta stupore e meraviglia in quanto non si è mai riusciti a porvi alcuna certezza nè per datazione nè per appartenenza ad alcuna cultura o stile tipico.

Secondo gli studiosi sopra citati, la conformazione delle rocce all’interno della grotta darebbero l’idea di essere, in passato, stato attraversato da copiose acque, tanto che si potrebbe constatare la pietra levigata dai secoli per effetto della corrente delle acque filtrate dalla collina, per questo motivo vale la pena fare una riflessione , ancora oggi l’acqua percorre lo stesso percorso, se pur a quota più bassa, e affluisce nell’ausente, che quindi aveva la valenza dell’elemento idrico per eccellenza, capace di irrigare la valle, proprio come si addice alla divinità della fertilità.

La seconda strada da percorrere invece, quella che parla della clava di ercole (korunè), è altrettanto suggestiva ed è forse ancora più gloriosa, da diversi storici affiora il ricordo della strada detta di ercole che proprio da interamna linares partiva e giungeva sull’appia, nel territorio di minturno in forza del percorso dei riti e dei templi dedicati all’eroe divenuto dio.

Su Ercole- Eracle apriamo una breve parentesi, infatti ad Ercole i nostri popoli laziali sono legati indissolubilmente da sempre, di qui diviene imperativo fare alcuni ragionamenti, come mai il culto di ercole secondo molte tesi esisteva già a roma prima della crescita esponenziale di roma ?

Secondo i grandi autori latini e greci come Tito Livio ed altri, infatti a Roma esisteva il culto di ercole da sempre, da quando la città ancora era solo quella divisa in sette colli, in seguito con la crescita della civitas si andarono a sovrapporre le figure dell’ Eracle greco eroe ed il dio romano.

Eracle, inoltre sembrerebbe derivare dalle storie fenicie riguardanti il dio detto melqart , i fenici erano assidui nel culto e nel costruire templi nei punti di maggior interesse geografico al loro dio eroe. Ad esempio i fenici fondarono il tempio di melqart a Gades ossia Cadiz, sul quale troverete spunti di storia in un altro articolo di questo sito, proprio lì, poi i cantori greci fecero nuovamente combaciare i culti, con quelli dei fenici, innestando la storia della 10 fatica tra Eracle e Gerione, il gigante tricefalo che possedeva le rosse giumente ed i tori migliori del mondo.

su questo si dica pure che il rame, l’oro rosso, della penisola iberica fuso in lingotti a pelle di bue, fecero la gloria e la disfatta dei tartessici nei confronti delle nuove civiltà che ormai conquistavano il mediterraneo, in rassegna dopo i fenici, i liguri, i greci, i tirreni, i punici, i sardi , i romani.

lingotti a pelle di bue

Quindi Ercole ed il suo culto si fusero come quella unica via di religione condivisibile da tutti i popoli delle antichità, la decima fatica dunque citava la conquista del mondo ellenico delle coste atlantiche e delle ricchezze dei metalli più ricercati e utilizzati man mano nelle epoche in cui, proprio questi materiali, si andavano diffondendo.

Ercole con i buoi rossi, probabilmente i lingotti di rame, tornato in italia trova nel lazio ristoro da Evandro, re latino, e Caco (mostro generato da Vulcano, residente nel latium primitivo ed anche in una grotta dell’aventino) gli ruba parte delle bestie, in questo momento di contatto tra leggende è facile intuire che l’episodio potrebbe rimandare a qualcosa di più articolato, ossia la presenza nelle tradizioni dei popoli del lazio, già gli autori come virgilio tentarono di unificare con la venuta di troiani e greci (ormai già divenuta consuetudine storica ai tempi) a fondersi con gli aborigeni per descrivere l’articolato mondo antico del centro italia, di certo esistevano per esser già riconosciuti e rispettati dai primi poeti latini, probabile che vi fosse riconoscimento dei popoli tramandati già da parte dei cantori greci e della cultura antica.

tale riconoscibilità di popolazioni antiche potrebbe basarsi anche sulla reale esistenza in loco di simili regni, stati con leggi e rituali sacri, frutto di precedenti spostamenti non più citati nella storia scritta.

Devo ammettere che Coreno Ausonio desta un incredibile fascino anche per ulteriori terrazzamenti costruiti in opera poligonale, che si rinvengono nella valle che scorre verso il mare, a ben vedere per l’ennesima volta la nostra italia mi ha stupito, e tra le due tesi mi piace pensare fosse più consona quella della cora degli ausoni che la clava degli ausoni..

In allegato il video sulla chiesa di valle fratta, Santa Maria in Correano e su alcuni altri terrazzamenti in opera poligonale , con pozzi e descritti come antiche domus rinvenuti nei dintorni della città

continua….

cadiz, gadir, gades,erizia, heritheya,eritia, l’antico approdo che unì i popoli dei due mari

la cattedrale googlesearch

Posta nella zona sud della spagna che con le proprie sponde tocca l’oceano atlantico lo splendido golfo di Cadiz con le torri della sua cattedrale svettano alla vista dei naviganti da centinaia di anni, e non è davvero difficile immaginarne le diverse epoche da quelle più recenti in cui cadiz era primo porto per i commerci con le americhe, e più a ristroso quando cristiani e musulmani guerreggiavano sulle barche e sulla terra ferma.

resti gades-Cadiz

Per primi i fenici intesero, secondo le teorie più seguite, fondare qui un porto un tempio ed una città. i commerci la via di sviluppo marittima che rese celebri i popoli del mare , i fenici, poi i punici, i dolmen dei popoli del nord e le tholos del mondo ellenico, gli stone circle e i menhir, il contatto con tartesso, forse l’antica atlantide.

ricostruzione di atlantide google search

Queste le tantissime caratteristiche che fecero di questa zona una zona ricca e civilizzata capace di forgiare con tecniche raffinate i metalli che poi transitavano nei commerci del mediterraneo, così come descrisse erodoto, i popoli che vivevano sulle sponde del lago ligustino o ligure, così chiamato perchè appunto i liguri furono secondo i latini i popoli che ebbero in questa zona il maggior impatto sociale .

Allora appare difficile ricostruire il quadro senza pensare alla via dei dolmen edifici disseminati proprio nell’entroterra iberico, km all’interno del paese dalla costa atlantica da nord a sud oggi combaciante da nord a sud vicino al confine tra spagna e portogallo.

da notare in alto a destra la pittura rupestre molto simile all’uomo a phi di sezze arnalo dei bufali

quella via che immaginariamente in tanti porta a pensare che dalla zona dei celti gli antichi ingegneri megalitici percorsero nella loro conquista di territori lontani portando le conoscenze dei popoli del nord verso il sud.

dunque qui si andavano incontrando le grandi civiltà del passato quella mediterranea e quella atlantica, e probabilmente durante la prima fase di consolidamento dei contatti tra lontani commercianti del mare, nacque e si sviluppo tartesso, poi i liguri, sicuramente i greci, gli etruschi, i punici, i tirrenied infine i romani, tutti interessati allo sbocco atlantico ed alla conquista della rotta dei dolmen.

statuina con uomo pesce Dagon, padre di Baal, compagno di feronia,progenitore di melqadec P.Ruggeri www.megalithic.it

quello che colpisce se si percorre ora la valle del guadalquiivir, una volta affluente del lago ligustino, è l’idea che proprio in quelle terre calde e arse dal sole prima esistesse un enorme bacino che nel corso dei secoli si è ristretto ed ha lasciato molti specchi lacustri intatti ancora oggi imbottigliati tra i monti e nelle pianure che a causa del surriscaldamento globale stanno tornando alla luce.

il giacimento archeologico riaffiorato solo recentemente in extremadura veldecanas en caceres

stessa situazione nellla zona più a nord, nell’extremadura ad esempio stanno riaffiorando dolmen e menhir, stonecircle ignorati per secoli in quanto prima rimasero sommersi dai tanti stagni e laghetti ormai privi di acqua affluente data la continua crescita del calore durante gli anni.

museo di Cadiz p.ruggeri www.megalithic.it

Eritheia o Eritia il nome che gli antichi greci diedero all’arcipelago di Cadiz, l’isola che ospitava il gigante Gerione, figlio di Crisaore e Calliroe, nato con due gambe e tre trochi, con tre teste, egli possedeva i tori e le giumenche migliori del mondo, secondo la tradizione, Gerione ed il suo popolo allevavano i tori alimentandoli anche con carne umana, i tori erano al pascolo con il cane Ortro ed il pastore Euritione, questo il motivo della bontà dei capi, alla venuta di ercole-eracle, tutti vennero sconfitti e i tori vennero riportati nella grecia passando proprio nel antico latium.

Cadiz colpisce nell’insieme dei suoi luoghi, fantastica spiaggia è “la caleta”, che si è posata proprio sul canale fenicio che venne usato come approdo, e nell’isola posta all’estremità della terra ferma gades, che oggi ospita il castello medievale di san sebastian, i fenici fondarono un tempio a Baal, divinità spesso accoppiata con Feronia in tempi più recenti di cui anche a terracina si innalzo un altare di cui ancora esistono resti.

necropoli fenicia in fase di scavo trovata accanto alla cattedrale di Cadiz P.ruggeri www.megalithic.it

la cattedrale si staglia nell’orizzonte e sul mare, una città da visitare soprattutto se si vole capire l’incrocio di civiltà caratteristiche dell’andalucia.

di seguito alcune immagini ed il video report del nostro passaggio…

continua..

palestrina e la sua acropoli: castel san pietro romano

Una volta giunti a Palestrina verrà semplice notare che la città fu davvero un crocevia importantissimo fin dall’inizio della nostra storia, infatti essa rimane collocata ai piedi dei massicci dell’appennino verso la pianura della campagna romana e in particolare anche della valle del sacco, vicina al mare che nei giorni in cui il cielo è terso apparirà all’orizzonte non troppo lontano.

La città ancora oggi ha una storia illustre fortemente testimoniata dalle sue chiese e architetture in primis dal palazzo Barberini divenuto poi sede del museo di palestrina , in passato luogo sacro in cui veniva costruito il tempio della dea fortuna.

A Palestrina, come testimoniato dai tanti corredi funebri raccolti in zona ormai giacenti nelle teche del museo e nei suoi dintorni dunque, si incontravano tutte le civiltà, le stesse che poi diedero vita alla civiltà romana, le tante suppellettili rinvenute testimoniano la svariata complessità del mondo antico, in cui già divenivano chiari i commerci tra le civiltà del mediterraneo ed anche quelle fuori di esso, dalle sue montagne transitavano le greggi che scendevano a valle dagli appennini, e lungo i suoi percorsi nell’età del ferro e del bronzo, la zona brulicava di antichi guerrieri e sacerdoti.

Tra i primi abitanti loro, sicuramente vi furono i discendenti dei creatori di mura poligonali, che intesero trasformare la città e tutta la parte del monte che ha sulla sommità l’acropoli, una fortificazione sacra veramente impressionante, immaginate un intero versante di montagna disseminato dal passaggio del percorso sacro, un po’ come per monte cassino ad esempio.

Oggi per vederle basta recarsi a Palestrina, in via del borgo seguire il cammino sacro e salire sulla città di castel san pietro romano. esse si stagliano lungo la parete montana che discende verso la pianura e raggiungono il borgo in pianura abitato fin dai tempi più remoti,la città di Palestrina, alle basi di quello che era il santuario della dea fortuna, sembra quasi di poter immaginare ai loro tempi i cittadini dediti ai riti durante le antiche cerimonie religiose degli autoctoni e dei romani poi.

nel video il panorama e le mura viste da vicino con il drone , si tratta di un pezzo di fortificazione che scende quasi perpendicolarmente all’orizzonte seguendo il profilo della montagna, per molti versi assomiglia al tracciato che si trova a segni.

continua…

Sezze Megalitica

…guardate, in piena onestà…, andrebbe fatta una gran bella analisi storica su Sezze(Lt), l’antica Setia, ma non tanto sul periodo che va dalla fine del III° sec. a.c., in poi, quando cioè Roma si arricchiva del contributo delle genti ufentine di Sezze, bensì proprio da prima della conquista dei romani, a ritroso.

Non riesco a scriver su questo taccuino virtuale tutte le domande che mi sovvengono sulla posizione di Sezze nonostante le mie indagini sulle zone limitrofe abbiano poi rilevato interessantissime scoperte sulla geomorfologia del territorio che infine si presta ad innumerevoli aree sacre archeologicamente rilevanti .

mappa con alcuni riferimenti archeologici p.ruggeri www.megalithic.it

Purtroppo la mia conoscenza è molto limitata sulla città e le sue leggende locali, ma per iniziare andrà comunque condivisa una prima parte di ricostruzione storica ed archeologica, vista la sua straordinaria importanza, nella collocazione di mura di cinta cittadine di tipo poligonale megalitico, riscontrabili già con una semplice e gratuita visita tra le vie della città.

muraglione poligonale, Via Cavour, Sezze (Lt), www.megalithic.it

Varie e diverse opere murarie oggi si presentano collocate lungo strade che ancora scorrono e vengono percorse così come avvenne all’alba della nostra storia, Sezze città che risiede su uno sperone di roccia calcarea lavorato e livellato secondo la saggezza dei popoli costruttori di città megalitiche, è uno scrigno di antichità e cultura.

Sezze (Lt), Via della Fanfara, resti di muraglione megalitico poligonale con lavorazione dei massi stile bugnato

Nel piccolo museo cittadino, sono molti i manufatti antichi e le testimonianze archeologiche della antichissima frequentazione del luogo, un luogo incredibile se si pensa che dalla città si scende tra sorgenti , vulcani, e piccoli gran canion, grotte preistoriche, cave con impronte di dinosauri, etc. etc…

alcuni reperti nel museo di Sezze p.ruggeri www.megaliithic.it

Ricca la collezione di epoca romana, da visitare nelle meravigliose stanze del palazzo comunale, ma ciò che ci guida è la collocazione di diverse cinte murarie e terrazzamenti veramente incredibili, si pensi ai resti di una domus con fondamenta in opera poligonale con pozzo sacro a tholos che è stata rinvenuta nella valle, o quelle mura che si stagliano nel panorama in cui si creò la città antica, città esistente quindi ben prima dei romani.

breve video sulla porta di Sezze e la sua muraglia megalitica

Sezze, città in cui si eresse un tempio a Saturno, dove i muri sono lavorati in tanti stili diversi, dallo stile bugnato a quello liscio per non permettere al nemico di trovare appigli all’assalto, una città che ancora vive in pieno la sua storia gloriosa, come ferentino, alatri, veroli, segni, città immortali.

da google search

La corrispondenza tra il vulcano e la fonte Feronia che da Sezze poteva essere controllata, potrebbe disegnare un sistema unico tra i riferimenti sacri dell’ area, la fonte sul mare dedita a Feronia come dea della luna celeste opposta al vulcano, della divinità ctonia di Sorano, con il suo potere incentrato nelle viscere della terra, nelle grotte e nei vulcani, sulla sua collina potrebbero essere ritrovati i resti di una antica zona sacra, ancora non rinvenuta ma ipotizzata da molti archeologi, soprattutto perchè da Sezze verso la zona detta ceriara così chiamata probabilmente per riferimento a cerere, si accede attraverso una sola via, chiamata Via Sorana ancora oggi, che risulta essere l’ unico accesso dalla città verso la zona del vulcano setino, e le grotte di ceriara, una corrispondenza molto curiosa da interpretare.

in conclusione va ricordato che proprio sotto la città di Sezze guardando verso ovest dove inizia la piana, si trova la grotta dell’uomo a phi, che attesta ulteriore frequentazione preistorica per la quale si rimanda ad una breve precedente digressione nell’articolo dedicato alla fonte feronia …

continua…..

il tumulo di corvaro (RI)

Corvaro Rieti P.Ruggeri www.megalithic.it

Una stupenda testimonianza di una civiltà passata con capacità costruttive tipiche della storia dei popoli italici pre romani si può facilmente visitare proprio al confine tra lazio ed abruzzo, il Tumulo di Corvaro e la sua necropoli.

La montagnola sacra dei defunti aristocratici, guerrieri del centro italia, dove in seguito alla venuta dei romani si continuava a seppellire i cari defunti delle genti che abitavano il cicolano.

http://www.rietilife.com/2016/12/06/borgorose-apre-museo-archeologico-del-cicolano/

Il tumulo ha un diametro molto ampio descritto da splendide lastre ancora in posizione verticale lungo il perimetro nonostante i millenni passati ed i cercatori di tombe che lo scoprirono per primi, una struttura di cui si è davvero parlato troppo poco.

Se ne dovrbbe invece tenere alto il continuo ricordo come esempio di civiltà ad alta tecnologia si direbbe su quanto esprime riguardo geometrie architettoniche funerarie, certamente preromana.

Bella testimonianza che si pone quasi in pieno contrasto con la teoria e la tesi che va per la maggiore, ossia bollare tutto ciò che ha di spettacolare un tumulo di questo genere in pieno appennino laziale, come qualcosa di già visto, non per Corvaro, vista la sua unicità e la distanza dai tumuli del litorale tirrenico.

a dire il vero a vedere le due sfingi tra i corredi rinvenuti viene proprio da pensare che un tempo se anche qui si parli solo di equicoli, così chiamati dai latini romani, in realtà anche qui ci fossero guerrieri etruschi o simili

Basti ricordare che nonostante le mappe siano ormai divenute diverse il tumulo sorge probabilmente non troppo lontano dall’antico profilo geografico del lago del fucino, tantissima la ghiaia tutta intorno al tumulo, ed alba fucens, proprio nella rotta dell’altipiano e della valle che si apre verso sud da Corvaro.

Un legame troppo spesso dimenticato ci collega direttamente con le civiltà preromane dalle sponde tirreniche, dai passi di Cassino e Atina, alla zona confinante a sud di roma, dal cicolano, fino alle mura di alba fucens quelle che nonostante ci si affanni a dire che sono romane, sono di tipo megalitico poligonale, ma vengono datate a tempi che sembrerebbero troppo recenti, mentre a dire il vero se si guardasse da Corvaro verso quelle mura a sud, verrebbe di certo logico accostare le opere, almeno per retrodatare le architetture poligonali, differenti per funzione ma vicine per fondazione e logica costruttiva, ad alta tecnologia per i tempi.

un tumulo che sicuramente fu zona di sepolture sacra per centinaia di anni, infatti le 360 tombe raccontano un periodo che va dal XII° sec. a.c. fino al III° sec. d.c., completate dai corredi funerari forse tra i più belli del lazio, gran parte di questi sono esposti nel museo di corvaro aperto solo venerdi, sabato e domenica, mentre i pezzi di pregio sono stati portati al museo Pigorini di Roma.

una collana del corredo funerario al museo di corvaro

la conformazione del tumulo attualmente visitabile, risulta priva della terra di riempimento, il fatto quindi se da un lato priva l’architettura sepolcrale della sua connotazione esterna visibile al visitatore, dall’altro rende tangibile il sistema di costruzione interno, con lo scheletro fatto a raggi, senza soffitto, si notano i filari di massi diretti in linea retta dal peirmetro verso il centro, 12 filari in totale, al centro la sepoltura originaria, un rettangolo di lastre su ogni lato mancante solo del coperchio, le lastre sul perimetro ancora in posizione verticale restano conficcate nel terreno.

viene spontaneo chiedersi il perche delle 10 linee di massi, anche se a vedere meglio due file sembrerebbero mancati ma dalle foto aeree sembra che in precednza ci fossero, molto spesso infatti nei tumuli di pari grandezza disseminati nella zona europea ne esistono di molto simili ?

sulla direzione dei filari di pietre bisogna pensare che non sono equidistanti le une dalle altre, ogni filare sembra tracciare una direzione una strada, non sono riuscito a trovare un indagine archeoastronomica redatta per poter citare anche eventuali allineamenti, ma ritengo che il tumulo fosse orientato e collegato non solo al sole ed alla luna, ipotizzo che anche i raggi della struttura interna sottintendano a qualche costellazione sacra per il popolo che lo realizzò.

rappresentazione grotta del cavaliere Alzano (RI)

C’è da aggiungere che il legame con la civiltà dei muri poligonali megalitici appare nel racconto dei luoghi con l’antico santuario chiamato tomba del cavaliere conosciuto già dai tempi del dodwell, fin dalle sale museali, segno che la vicinanza tra i manufatti non fosse casuale.

Alatri: pelonga, le mura

Le mura di cinta megalitiche poligonali di alatri sono tra le più celebrate nel Lazio ma non tutti sanno che le mura di alatri possono essere viste anche oltre il limite del percorso del centro storico.

pelonga mura

Infatti si trovano altre mura anche sul monticello accanto al monte sul quale sorge il centro e l’acropoli di Alatri, in direzione di Frosinone, mura poligonali megalitiche di eccezionale valore, esse furono al centro di un indagine accurata che si può leggere nel libro pelonga di due autori alatrensi (boezi etc…)

il monte sulla cui sommita si trovano le mura



ptpr lazio

Il piano della colina prospicente ad alatri, ha sulla sua sommità un bellissimo bosco e chiare formazioni carsiche disseminate sul terreno; (alcune delle quali potrebbero essere ritenute sacre?)

In effetti la zona sembrerebbe rimandare ad una zona sacra, la sua collocazione sull’apice della collina, la tendenza del terreno ad essere piano, forse una zona dedicata a qualche divinità, forse una necropoli, vale la pena ricordare che nella storia della zona quella collina fu sempre adibita a bosco, mentre proprio al suo confine nord esiste un antico monastero/chiesa, oggi sconsacrato, adibito a stalla, ed infine sempre nella stessa zona furono trovati i resti di un antica torre.

mura pelonga

la zona delle mura non è visibile da Alatri, perchè è eretta nella discesa che guarda verso Frosinone, la fattura è bellissima, tutta la zona che degrada a valle è coltivata a ulivi e i muretti a secco in alcune zone sembrano vere e proprie mura.

Inoltre tra i muretti e gli ulivi si scorgono diversi cumuli di pietre, due sono proprio limitrofi alla zona delle mura, sono larghi 4,5 metri alti per lo piu 2,5 metri, sulla sommità si scorge un buco centrale.

la zona con il filo di mura che sale fino ai 2,5 metri di altezza, si congiunge con altre tessiture a formare una intercapedine quadrata ormai completamente dissestata ma li le mura sembrano proprio combaciare alla torre descritta nella cartina del ptpr regionale riportato in alto

muretti a secco molto simili alla tessitura poligonale
cunetta probabile ingresso
cumulo di rocce
probabile resti torre

cosa potesse esserci su quella collina circondata da mura? probabile un castrum preromano, a difesa di alatri verso la valle del sacco, una postazione poi abbandonata e apparentemente rimasta alle intemperie per migliaia di anni resistendo a tutto.

da quel punto in effetti vengono ben visibili tutte le vie di comunicazioni tra valli e pianori, valli e monti. una postazione perfetta per controllare i l territorio, fortificata siul lato meno difendibile dove una volta si alzava una torre in opera poligonale.

La fonte di acqua più vicina non dista molto dalla linea muraria, una valle in cui furono rinvenute diverse tombe preromane il luogo sicuramente fu abitato e difeso ma molto tempo prima l’arrivo dei romani.

Come sempre, continua…

cassino tutto in un monte

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La Città di Cassino è sicuramente conosciuta in tutto il mondo per almeno 2 motivi, il primo è rappresentato dalla battaglia di Montecassino, durante la seconda guerra mondiale infatti i combattimenti tra forza alleate e tedeschi si attestò proprio lungo la linea “Gustav”, tedesca, che era stata congegnata per sbarrare la strada alla risalita degli alleati lungo la penisola italiana, ed aveva tagliato in due l’italia, proprio attestandosi su Montecassino, promontorio posto all’incrocio delle vie di accesso a roma.

il secondo motivo è rappresentato dal fatto che sulla sommità del monte venne eretta la casa di San Benedetto, divenuta una delle abbazie più importanti d’europa è oggi il monumento storico più visitato del lazio dopo Roma.

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Molti non conoscono il motivo per cui il monte rimase importante nei millenni passati, esso come dicevamo infatti, era posto al centro del crocevia che si formava tra le antiche strade che percorrevano la valle latina e da lì, si districavano anche verso i monti appennini, quindi verso il molise, mentre dal lato opposto raggiungevano il mar tirreno.

google research gate by michela cigola

Casinum per i romani fu una città splendida dotata di un teatro e un anfiteatro, aveva una necropoli antica preesistente e una strada sacra che dalla valle portava i pellegrini verso l’acropoli sul monte dove oggi è incastonata l’abbazia, la città fu più volte posta al centro di diverse guerre proprio per la sua centralità, in quella città, si scontrarono i sanniti e i volsci, i romani e i sanniti, e vi passò anche Annibale durante la sua marcia verso roma nelle guerre sannitiche, sempre distrutta ebbe a rialzarsi ogni volta, Cassino rappresentava anche un punto di confine tra l’egemonia greca sulla penisola, anche dopo la conquista romana, vista la sua breve distanza da Capua, enclave greca in terra italica, e fu quindi anche ricca nei commerci con le diverse popolazioni che vi si presentavano.

Cassino quindi rappresenta un incrocio di storie e popoli italiani e internazionali da sempre, ma molto spesso non è conosciuta appieno.

Nel museo archeologico nazionale “G.Carrettoni” posto sul versante del monte affacciato sulla valle, si può entrare con un biglietto di basso costo e ammirare resti imponenti di un anfiteatro rimasto eretto nonostante i suoi millenni, la via latina composta con massi levigati dai solchi dei carri che sale verso il monte, una necropoli preromana e infine il bellissimo mausoleo di ummidia quadratilla spettacolare esempio di tumulo di tipo ellenico divenuto nel medio evo una piccola chiesa.

Proprio dalla via latina parte la via sacra pagana riconvertita poi dal cristianesimo, una strada antica ricca di suggestioni visto il suo percorso legato al luogo costeggiata da ulivi, fichi d’india e agave, la strada è disseminata di stazioni della via crucis, legate alle leggende dei miracoli di san Benedetto.

Ad alcune di queste stazioni restano bene in vista enormi massi con delle cosidette coppelle levigate, ad ognuna di esse la cristianità ha legato un miracolo, ma ad un occhio curioso esse sembrano dimostrare la sacralità del luogo già dall’epoca pagana, quando quei grandi massi lungo le strade principali segnavano un percorso, un altare agli dei, infatti proprio sulla sommità del monte, dove oggi riposa l’eremo di San Benedetto e l’intera abbazia, era eretta un acropoli preromana.

Nell’acropoli di casinum esistevano diversi templi sacri presso i quali gli antichi usavano conferire preghiere e voti, tali luoghi fungevano anche da riparo durante le battaglie e nei tempi di pace erano postazioni per vedette ed eremiti.

Nel video che si allega vi è la descrizione della zona meno conosciuta dell’abbazia che è ancora possibile visitare, nei locali sotterranei dell’abbazia furono rinvenuti diversi manufatti di diverse epoche, e l’abbazia ha un ottimo museo in cui è possibile ammirare reperti di duemila anni di storia, lo scrigno dell’abbazia nasconde al suo interno un architettura preromana fatta di mura poligonali megalitiche meravigliose ed imponenti, esse sostengono tutta la forma attuale dell’abbazia e si estendono anche fuori di essa con muraglioni e terrapieni ricchi di giardini dal bellissimo panorama.

Le mura sono come per Alatri, Ferentino, Norba, Veroli, Arpino, Circei, etc., in pietra calcarea e del peso di alcune tonnellate l’una, segno che prima della conquista dei romani le poleis della ciociaria erano formate da popoli ottimi per la costruzioni di cinte murarie in opera poligonale, segno che anche in questo caso sarebbe meglio approfondire ogni studio sull’argomento invece di relegarlo alla fondazione delle colonie romane che solo dopo occuparono tali luoghi sacri e foritficati.

nel video realizzato durante una visita guidata con alcuni attivisti locali, si vedono i grandi massi votivi sui quali la tradizione poi ha creato le leggende dei miracoli, che invece ai curiosi potranno suggerire il pellegrinaggio preistorico delle genti del luogo. Buona visione.

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malta il culto della dea madre

una delle celebri vedute di Malta con l’isola di Filfola sullo sfondo

Malta un isola incantata tra la sicilia e l’africa, un posto caldo dal clima insulare, sulla sua terra i segni del passaggio ancora ben visibile del neolitico e megalitico più mediterraneo che mai.

Ho avuto l’occasione di visitare l’isola in cui sorge l’imponente porto della Valletta per un intera estate e ho imparato a respirare l’aria dell’antico arcipelago maltese.

veduta dalla sommità della Valletta

La sua preistoria, la sua cultura e la sua tradizione medievale con le sue stupende roccaforti sono ben raccontate ai visitatori, anche attraverso i vari punti dedicati alla cultura neolitica e megalitica dell’isola, come musei, ipogei, grotte e tanti reperti a cielo aperto, essi prima ancora dell’epopea dei cavalieri e dei pellegrinaggi, ci parlano dei culti e delle usanze dei popoli più antichi del mediterraneo.

hagar kim

Popoli legati al culto delle stelle, conoscitori delle tecniche di costruzione ispirato agli allineamenti con le costellazioni, con i solstizi solari e le fasi lunari.

altare con bassorilievo di albero della vita

Templi monumentali, veri villaggi neolitici intatti nelle strutture che un tempo venivano chiamate dei giganti, come quelle ciclopiche dunque frutto della fatica dei giganti, di questi templi maltesi sicuramente ne va citato uno che più di tutti è stato oggetto di diversi studi con differenti tecniche di ricerca da quella più classica a quella più evoluta e tecnologica, l’Ipogeo di hal saflieni.

plastico dei templi ipogei di Hal Saflieni

Quello si vuole esaminare in questo momento è il rinvenimento della statuina della Dea Madre che mette un punto ad un intero universo di costatazioni e testimonianze archeologiche girano attorno alla complessa questione riguardante il culto legato alla Dea Madre di tutte le cose.

Negli ipogei, nei templi di hagar qim  e menaidra, vicini tra loro, tra le varie cose al visitatore è concesso di ricongiungersi ad una fotografia di uno spazio, a volte uno spazio aperto ed illimitato proiettato verso il cielo, a volte chiuso angusto e oscuro ma sempre improntato alle armonie ed alle architetture che si ispirano alle stelle.

A Malta si può godere uno scenario talmente surreale, paesaggisticamente parlando, che se pure in alcuni punti specifici dell’isola, essa fisicamente attraversa i secoli della storia inanimata, sembra possedere un significato o un anima, sottendere un ombra di intelligenza passata ma infinita nel tempo.

Vi si può cogliere la sacralità dei secoli in cui l’uomo guardava le stelle e le conosceva per tenerle presenti a mente a menadito come neanche oggi l’umanità sembra fare.

Indissolubilmente a queste geometrie delle costruzioni dei popoli neolitici appare una figura che in realtà è disegnata come nulla di più umanamente armonioso, dolce e buono, possa esistere, una madre, essa è una Dea dalla figura morbida e rassicurante, possiede la capacità di fare da guida a quanti si sentono persi e conduce l’uomo nella sua esistenza dalla vita, i rinvenimenti delle statuine votive infatti avvengono sia nei templi eretti sul suolo sia quelli posizionati sottoterra dove avvenivano le sepolture.

A Malta si trovano molte delle maggiori raffigurazioni di quella che fu detta la dea madre del mediterraneo, la stessa della sardegna, delle isole baleari in primis, il culto appartiene all’era più antica dei popoli mediterranei che si spostavano e si insediavano lungo le coste di europa e africa.

allineamenti astrali hagar qim

Essa in realtà veniva sicuramente adorata a Malta in un periodo che va dal 6000 a.c. al 3000 a.c., stessa epoca in cui sorgevano, secondo gli studiosi, i templi megalitici così caratteristici, monumenti sacri sulla terra maltese, oggi patrimonio dell’umanità.

la prima visita ai templi di malta  è stata una piacevolissima scoperta, andando verso sud, il lato della costa esposta all’africa, Malta presenta una serie di splendide scogliere a picco sul mare, un mare azzurro che sembra pitturato, a causa della presenza di alcuni coralli autoctoni che rendono la pietra a contatto con l’acqua quasi rossastra e attraverso la rifrazione dei raggi solari l’acqua sembra azzurra più del cielo.

Arrivati sulla spianata rocciosa coperta di fine sabbia e poca vegetazione,  leggermente scoscesa  che giunge al mare, si innalzano due tensostrutture giganti, che servono a coprire i luoghi sacri dei nostri progenitori mediterranei.

Il panorama diventa incredibile quando in prossimità del tempio si scorge il mare ed il secondo tempio più in basso, sembra di rivedere un film che narra la preistoria, e ci si immerge nei paesaggi che per l uomo servivano a realizzare il contatto tra cielo e terra acqua e fuoco.

il tempio di Hagar Qim come quello di Menaidra,, come quello gigantia su gozo sono composti da megaliti eretti verticalmente, lastre alte tra il metro e mezzo, fino a 6 metri, affiancati a disegnare locali con circonferenze concentriche irregolari.

Sono camere in cui il sole passa attraverso buchi e finestre ricavate dalle pietre dalle pareti megalitiche dei tepli, esse come delle camere oscure vivono e rendono al visitatore l’idea che il percorso del tempo sia legato all’universo allo spazio ed alle stelle.

Proviamo ad immaginare le stanze sacre durante i riti, gli altari posizionati proprio sotto i raggi solari si illuminano nel buio e risplendono della sacra luce del sole, stesso dicasi per altri punti di osservazione , come intere costellazioni o semplici isole nel mare.

Il gioco del nostro cielo diviene teatro della storia dell’uomo e dei suoi rituali sacri.

continua…

vasi (sanniti?) al museo di #montecassino

anfora di tipo Alfedena museo Abbazia Montecassino

Come mio solito, scrivo sul taccuino dei predatori della ciociaria perduta di quest incontro stupendo con le nostre antichità ed apro un piccolo pezzo di approfondimento su alcuni oggetti che ho ammirato presso il Museo dell’abbazia di Montecassino.

Proprio lì, è possible ammirare due reperti sistemati nell’ultima sala, alla fine dell ottimo allestimento museale, che in realtà è più rivolta  a mettere in luce la tradizione cristiana della casa di S.Benedetto a Cassino,  tra i resti di ceramica etrusca del V° e VI° sec. a.c., si trovano due splendidi reperti che hanno catturato la mia attenzione da appassionato delle antichità preromane.

Visto che nell’allestimento, ottimo nel complesso, purtroppo difettavano le didascalie ai piedi di questi ultimi due elementi eccezionali, sia per la bellezza antica, sia per le misure, che comunque li fanno diventare curiosi….proverò a capire che tipo di vasi potremmo avere sotto agli occhi, nelle loro splendide forme.

particolare dei motivi ornamentali a figure animali

Dopo alcuni approfondimenti sulla forma del primo reperto,  posso dirvi che viene di norma chiamata “anfora” di tipo Alfedena, in quanto il collo allungato è tipico di quei contenitori chiamati in genere anfore, sui lati del ventre motivi ornamentali con anelli ed anse, dove forse un tempo passavano aste o bastoni o corde, vengono sovrastati da due piccole figure di animali da allevamento tipo tori.

i vasi di tipo Alfedena nel museo di Atina

Una forma per nulla scontata o priva di caratteristiche artistiche di livello, bensì, il contrario, una testimonianza di una conoscenza dell’arte di modellare le ceramiche vagamente orientalizzante per alcuni, insomma un oggetto che può raccontare molto.

vasi tipo Alfedena nel museo di Atina di san biagio saracinisco

Il tipo Alfedena inoltre si contraddistingue nella scalanatura a rilievo e nel colore dell’impasto , un grigio bruno che quasi rende metalliche le forme, oltre che probabilmente nel materiale, impasto tipo bucchero, quello famoso degli etruschi, o molto simile, se fosse dunque quello il tipo ci troveremmo difronte a resti sanniti, più in generale del tipo appenninico, italico, ma dire questo non sembra del tutto appagare la nostra curiosità.

Infatti, cosa significa dire appenninico italico o sannitico?

in realtà si sa ben poco di questi nostri popoli progenitori, e più si tenta di approfondire attraverso la lettura degli scritti storici classici, più ci sembrerà di  saltare da una interpretazione all’altra di simili nomi di popoli e fatti differenti, soprattutto se si procede tentando di riavvicinare ogni tribù o popolo italico ad un unico ceppo la cosa diventa difficile.

Per questo preferisco partire dai reperti e tracciare le linee di evidenza che testimoniano.

lo splendido calice con i cavalieri e le donne fissate sul bordo presso Museo dell’Abbazia di Montecassino

Torniamo quindi alla nostra ricerca sui reperti sconosciuti, il secondo reperto è un trionfo di arte antica che desta, dopo migliaia di anni, ancora grandi emozioni, esso sembra un cratere votivo o un calice largo ed è dello stesso materiale (bucchero) dell’anfora, probabilmente di un unico corredo.

Il calice è bellissimo, lungo il bordo della circonferenza corrono cavalieri arcieri e donne che con le mani abbracciate sulla testa disegnano quasi una volta a tutto tondo.

La rappresentazione di una civiltà guerriera e nobile capace di guerreggiare con arco e frecce sopra ad un cavallo che corre, mentre le donne restano baluardo della genia guerriera affiancando le gesta dei cavalieri.

Probabilmente il corredo funebre di un membro della famiglia guerriera di cavalieri e forse anche nobili di una tribù, perché raramente tali corredi venivano posseduti e realizzati per la popolazione che non avesse una nobile collocazione sociale.

reperti della zona cassinate del VI sec.a.c.

I sanniti dunque non sembrano più così lontani dai loro vicini etruschi sia per capacità artistica sia per tecnica di materiali usati in queste fogge, che secondo diversi studiosi infatti sono strettamente connesse agli etruschi pur rimanendo uniche nella loro massima foggia artistica.

C’è da dire che dopo ulteriori indagini per le quali ho coinvolto qualche amico archeologo locale, siamo riusciti a pervenire alla provenienza della collezione, essa sembra definitivamente etrusca, anche a seguito di una scoperta che ho personalmente effettuato, anche presso il museo sabaudo della città di Firenze, secondo solo al museo di torino per la sua area dedicata ai reperti egizi.

Finalmente, infatti, dopo mesi, ho trovato un esempio di archetipo con il quale tracciare un rapporto dettagliato sulla tipologia del manufatto presente al museo dell’abbazia di Montecassino su cui poi vi diròmeglio.

Tra le varie bellissime ceramiche esposte, tutte etrusche e tutte databili tra il VI° sec., a.C., ed il VII° sec., A.C., nelle teche con infinita gioia ho trovato queste iscrizioni.

Le lingue infatti di origine osca furono simili tra loro cosi come quella dei volsci e dei sanniti fino a quella etrusca, sul discorso meglio approfondire in questo altro articolo che vi segnalo: https://www.megalithic.it/il-taccuino-dei-predatori/oscitosci-volci-e-volsci-per-alcuni-furono-la-stessa-popolazione/

Un lébes etrusco dello stesso periodo, che avevamo teorizzato, è identico nelle forme decorative funebri che corrono lungo il bordo del catino sacro, cavalieri e piangenti rendono onore al defunto.

Resta da spiegare quindi come mai il reperto di monte cassino sia realizzato con un impasto che appare più elaborato e nobile rispetto a questo esposto a firenze, come vi dicevo il reperto di Montecassino merita però un ulteriore approfondimento, in quanto esso deriva da un lascito offerto all’abbazia da un qualche vicario, una pratica vuole che si offrisse all’abbazia un qualche dono durante le visite ufficiali.

museo archeologico firenze

Quindi il vaso bruno meglio conservato sarebbe stato rimaneggiato nei secoli, magari abbellito tanto da render difficile la lettura, sembra infatti che il reperto presenti segni di congiunzione quasi di elaborazione successiva tanto da sembrare l’incrocio tra diverse teknè corrispondenti a troppe etnie di secoli differenti.

Cercherò di spiegare meglio per alimentare ancora la nostra curiosità nel confronto di questi enigmatici reperti.

continua….

P.Ruggeri