Domenica scorsa durante una passeggiata sui confini della ciociaria nord, proprio dove comincia a mutare la conformazione geologica del nostro territorio, all’incrocio magico tra la pianura della valle del sacco, la catena montuosa dei Lepini, e la zona vulcanica dei castelli poco a sud di roma, ultimo avamposto montuoso al centro del percorso millenario che contraddistingue ancora oggi il traffico tra roma ed il sud italia, abbiamo intrapreso la salita che da colleferro porta alla magnifica città megalitica di Segni.
Avevo letto e conosciuto la Città già dagli scritti di Giulio Magli, docente di archeo-astronomia del politecnico di milano, abile studioso e ricercatore della civilta megalitica del lazio meridionale, il quale tra le città contraddistinte dalle mura poligonali megalitiche riservava a Segni una attenta analisi paragonando l’impianto murario segnino ad altre grandi città come Alatri, Ferentino, Alba Fucens, Circei, etc., ma ugualmente, sono rimasto davvero impressionato dal reale impatto che la vista delle rovine nella città ha destato in me, che amo e cerco riferimenti geoarcheologici nel territorio dimenticati o poco valorizzati.
La città risulta piena di fascino in quanto si eleva su un territorio che raggiunge i 700 metri di altezza ed è riconoscibile a distanza quale unico impianto urbano della zona innalzata tra i monti nel raggio di kilometri, e la sensazione di differenza con tutto ciò che la circonda è causato dalla sua posizione difficile da raggiungere che sicuramente ha aiutato a farla rimanere immutata in molti aspetti architettonici, tenendola al sicuro in tutta l’era moderna dalle vicende dell’umanità.
Appena giunti sulla strada cittadina disseminata di cartelli che indicano le tante attrazioni archeologiche e storiche, ci si ritrova in un percorso obbligato che le stesse amministrazioni hanno chiamato percorso turistico, andando a impattare con il primo anello di mura megalitiche che impone di fatto al viandante di costeggiarle salendo verso il nucleo antico del centro storico.
Spettacolari massi calcarei poligonali ammassati con perfezione l’uno sull’altro sorreggono l’impianto ascendente delle abitazioni che da secoli contraddistinguono il profilo cittadino, le strade e i vicoli appaiono perfettamente come tanto tempo fa districarsi tra i diversi punti vitali dell’abitato, tra chiese minori e cattedrali medievali, si giunge nel versante panoramico che si affaccia sulla valle del sacco.
Lo sguardo dall’alto si perde sulla distesa verde e sulle catene montuose prospicenti, in cui a distanze più o meno regolari si distinguono tutte le città ciociare millenarie e i paesini rurali fino a Frosinone posta sull’ultimo spazio visibile a valle, se si volge lo sgurado a sud, mentre verso nord si distingue Roma e al suo lato la zona di T
ivoli.
Insomma una terrazza che appare impagabile, sia per la bellezza sul basso paesaggio dominato, sia per il valore strategico che non si può assolutamente fraintendere, in quanto a qualsiasi ora del giorno, da quella posizione avvantaggiata, è possibile scorgere cosa succede nella valle da Roma a Frosinone , da Tivoli a tutti i monti che ci dividono dall’Abbruzzo.
Quasi immediatamente si può immaginare la schiera di esseri umani che raggiunta la vetta nei lontani secoli della preistoria si organizzava a cingere il monte con le mura ( lunghe 5 km), rendendo da quei giorni la città eterna, segnando una cultura con i simboli di una somma di conoscenze che oggi ci sfugge, ma che insegna al viandante come l’uomo possa dominare sulla natura in modo ecologico ed eterno.
La zona panoramica affaccia anche verso la catena dei lepini formando una gola impressionante per il salto di centinaia di metri ed è sovrastata da i monti che hanno sempre regalato selvaggina, funghi e legumi alla popolazione garantendo un lato protetto a nord ovest contro l’eventuale bramosia di popoli di passaggio nell’ Italia tirrenica.
La città è importante storicamente per aver raccolto dall’epoca romana tante personalità di spicco, finanche del mondo religioso, e raccoglie ancora una biblioteca storica di grande importanza, ma oltre alla storia medievale racchiusa intorno alle chiese ed alla splendida cattedrale, il nostro report di viaggio punta decisamente agli aspetti preromani dei luoghi rimasti intatti, sull’impianto di muri poligonali che circondano tutta la cresta del monte intervallati da numerosi punti di accesso alla città, come la mirabile porta saracena o la famosa porta foca situate proprio sul versante affacciato a est sulla nostra valle, oltre alle tante posterule e fognoli.
La porta saracena si apre in senso antiorario (non costringe a mostrare il fianco destro protetto dallo scudo-mentre al contrario porta foca era concepita per tenere sguarnita la difesa di chi osava entrare) appare incredibile sia per stazza sia per bellezza, un insieme di massi giganteschi formano un unicum mondiale per maestosità quale esempio architettonico-ingegneristico, degno di apparire accanto a Stonhenge, o alle piramidi della valle giza, il monumentale ingresso risulta intatto e come struttura indistruttibile sembra poter reggere anche contro un eventuale attacco nucleare, e non a caso richiamo l’idea di una catastrofe per avvalorare la resistenza insita nell’opera, in quanto dopo millenni nonostante guerre, bombardamenti e terremoti, mentre ogni altra architettura ha segnato il passo al trascorrere dei tempi, quella delle mura megalitiche non appare nemmeno scalfita.
Il percorso dei muri è intatto e si nasconde sotto alcuni strati di terreno per poi riaffiorare in alcuni punti dove si può con certezza affermare che l’opera sia stata fatta per sottrarre alla montagna la terra, un po’ come a machu picchu, dove(secondo le ultime teorie) attraverso una serie di terrazzamenti megalitici e la realizzazione di terrapieni, si sottraeva alla montagna i luoghi rocciosi e aridi per realizzare orti e coltivazioni, la cinta è lunghissima e regolare tanto che attraverso il sistema di terrazzamenti ancora oggi è facile raggiungere l’acropoli attraverso una gradevole salita.
L’acropoli dove oggi trova sede la chiesa di San Pietro è davvero eccezionale, un opera megalitica che fa trasalire il visitatore, la sensazione dell’eco delle vicende umane passate avvolge lo sguardo a 360 gradi e regala la certezza al passante di appartenere all’eternità del pianeta nel suo universo.
Il tempo perde la sua finitezza e si accompagna alla descrizione della vicenda umana degli ultimi millenni, infatti sul vecchio basamento megalitico dell’acropoli sorge un templum romano (dedicato a Giunone moneta) intatto e distinguibilissimo sormontato da un impianto cristiano, tipico edificio medievale con campanile annesso e bifore ancora più recenti, la pietra accompagna lo stallo dei colori dal bianco megalitico preistorico (calcareo), al marrone scuro della pietra squadrata romana (tufo) su su fino ai mattoni scuri di epoca medievale e il tetto moderno.
Il luogo è da difendere da riscoprire, da mostrare al mondo e da tutelare come patrimonio dell’umanità.
Non esiste alcun altro luogo al mondo in cui si possa distinguere la diferenza e l’amalgamarsi degli stili e delle architetture della nostra civiltà mediterranea così ad occhio nudo, il megalitico, il romano, il medioevale ed il moderno, insieme dal basso fino al campanile che si staglia nel cielo.
Se non ci bastasse questo, proprio di fronte alla chiesa lato nord, esiste una cisterna romana per acqua piovana enorme che nonostante i secoli resta affiorante a simboleggiare la capacità di resistenza e di pianificazione urbana nell’approvviggionamento della materia vitale dell’acqua, come a dimostrare quanto si fosse attenti costruttori nei secoli addietro.
La porta foca che affaccia a sud è visibile, ma lungo il sentiero delle mura che la circondano il degrado sta lentamente prendendo il sopravvento, segno che le amministrazioni non riescono a tutelare e valorizzare la città, anche se lungo la camminata del lato sud est rimango felicemente colpito dagli scavi aperti, segno che l’interesse sulla zona rimane flebilmente desto, i palazzi medievali sono ricchi di reperti romani e nella città ha sede un museo archeologico.
Segni è una città unica e va studiata assieme alle città megalitiche come Ferentino, ed Alatri, e mentre si pensa a costruire nuovi stabilimenti industriali, nessuno ricorda la vocazione reale del territorio culturale e turistica, invece di puntare alla sostenibilità di cicli produttivi di indotti volti all’accoglienza dei turisti i giovani vengono invitati a lasciare i propri luoghi del cuore per recarsi a fare chissà cosa in industrie inquinanti, peggio ancora altri senza un futuro sono destinati ad espatriare.
Ci battiamo affinche il patrimonio sotto stimato della nostra terra torni protagonista di un volano occupazionale basato sulla sostenibilità della tradizione e della cultura ma la strada è ancora lunga, per questo vi invito a parlare di questi temi al bar, alla fermata dell’autobus e nei comuni, nei palazzi del governo del territorio, locali e nazionali, facciamolo per noi facciamolo per il territorio.
Una città unica….Segni bella e maestosa…..
Abbandonata dalle amministrazioni……
Un gioiello dimenticato nel cassetto……
I Segni mi dovrebbero pretendere cura e mantenimento della storicità della loro cittadina……
Ci vorrebbe uno sviluppo turistico……..
Ci vorrebbe accoglienza per il forestiero che affascinato dalla storia sale sul monte per visitare e conoscere qst luoghi incantevoli.
Negli anni della mia giovinezza Pianillo era la passeggiata preferita anche dagli abitanti dei paesi limitrofi.
Era un pullupullare da bambini in colonia perché l’aria era buona a Segni .
Ora la Valle del Sacco è ricca di veleni.
Le castagne erano la ricchezza del paese.
Chi possedeva un appezzamento di castagni era ricco.
Le caldarroste erano un’allegria per la piazza.
Ora il tempo ha mutato tutto qst e Segni soffre di solitudine che potrebbe trasformarsi in abbandono.