nei tanti viaggi che facciamo ci siamo ritrovati a percorrere una strada che ci ha portato verso nuove ed entusiasmanti riscoperte, in questo viaggio all’estremo sude ovest dell’europa, nella provincia di Huelva a Trigueros, siamo quindi tornati all’epoca protostorica della penisola iberica, precisamente siamo in piena andalusia a pochi km dall’oceano atlantico, in una regione che un tempo fu detta di Tartesso, ossia la civiltà del delta del Guadalquivir.
63 menhir 30 da un lato 33 dall’altro nella foto tratta da google
In questo primo piccolo reportage amatoriale, parliamo del dolmen de soto, uno dei dolmen rimasto visibile e in perfetto stato di conservazione, con un corridoio costituito di megaliti, che sarebbe servito come camera funebre di qualche abitante illustre della zona.
il dolmen in realtà dall’esterno sembra proprio un tumulo a tholos, ossia una specie di piramide conica che raggiunge meno che 5 metri dal piano del calpestio, non costituita da massi all’esterno ma solo ricoperta da terra, con un apertura orientata verso gli equinozi un segno che certifica la capacità di calcolo astrale e la tecnè costruttiva in grandi massi per costituire tumuli ipogei nelle distese pianure dell’antica iberia.
il dolmen rimasto in splendida forma è aperto al pubblico ed è stato sistemato all’interno per consolidarne le architetture ed essere reso fruibile al pubblico. il dromos, corridoio costituito di menhir che reggono lastre pesanti tonnellate ricordano la tecnica semplice trilithon, non vi sono incastri poligonali visibili e la struttura del corridoio e poi ricoperta di semplice terra rossa, la stessa della zona.
fu scoperto nel 1920 e porta da allora il nome dello scopritore (De Soto) e degli 8 corpi tumulati con i propri corredi purtroppo non v’è più alcuna traccia a causa di un sacco perpetrato da ignoti dopo la scoperta. ilperimetro che si innalza dal piano del calpestio è di circa 80 metri, molto ampio ed il corridoio interno lungo 51 ne fanno un monumento unico nella zona.
l’interno è impressionante, su quasi tutte le pietre sono presenti incisioni, si è anche compreso che alcuni materiali incisi sarebbero stati riutilizzati per costruire il tumulo stesso da un precedente tumulo andato distrutto, per questo alcune incisioni sono state datate addirittura al 6000 a.c.
a questo link in spagnolo davvero approfondito e utilissimo si trovano i resoconti dello studioso tedesco che svolse gli scavi sul dolmen e potrete consultarli per approfondire
https://ddd.uab.cat/pub/bolsocespexc/bolsocespexc_a1924m3v32t1.pdf
intanto vi posso riassumere che il dolmen fu ricostruito probabilmente con alcune pietre già parte un circle un cerchio sacro che corrisponderebbe al diametro odierno, all’interno le figure e le coppelle incise sulle pietre erano colorate di rosso, tale tecnica risulta uguale al pittogramma di arnalo dei bufali ed il suo “uomo a phi”. somiglianze anche con le incisioni trovate ad esempio a laconi- Oristano, in sardegna.
secondo le tesi più illustri non vi sono basi per poter smentire o accertare positivamente la vicinanza tra tartesso e il dolmen secondo molti infatti pur essendo collocato proprio a ridosso del delta del guadalchivir in molti pensano che il dolmen fosse di molto precedente alla cultura tartessica.
le incisioni sarde di laconi ricostruzione pittogramma della grotta dell’uomo a phi di arnalo dei bufali Sezze
di seguito un breve video amatoriale del nostro viaggio.
continua…