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la pubblicità ed il controllo sociale (by Chiara Risi)

  

“ Tre cose mi servono prima di una gara: la musica, la sicurezza di vincere, ed esserci con la testa.” Questo quanto recita Federica Pellegrini, la campionessa di nuoto, nella pubblicità di uno shampoo. A seguire una voce presenta il prodotto:  “H…&Shoul..rs: libera la tua cute da forfora, prurito e secchezza, lasciando i capelli splendidi.”“… e la mia mente libera di concentrarsi sulla gara” aggiunge Federica Pellegrini.

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Già, perché se non esistesse H…&Shoul..rs , Federica Pellegrini avrebbe un grande problema durante la gara: pensare a quale shampoo utilizzare.

Ma non è questo il punto. Non è Federica Pellegrini il problema, presa solo a titolo esemplificativo.

Il punto è il seguente: abbiamo davvero bisogno di un personaggio famoso che ci dia indicazioni? Che ci dica quale shampoo comprare, con cosa fare colazione, quali vestiti e quale comprare, chi votare, o che programma guardare…

Davvero siamo così influenzabili dalla pubblicità? Dalla televisione in generale?

 

 

A quanto pare si. Addirittura una ricerca scientifica ha dimostrato come la vendita di una particolare razza canina possa essere fortemente condizionata dalla presenza di un cane di quella razza in un film famoso. pubblicità 2

Ancora, altri articoli accademici mostrano la correlazione tra l’essere esposti a pubblicità di un determinato prodotto (alcol, sigarette, cibo) ed acquistare quel prodotto. Ma chi ci garantisce che il prodotto pubblicizzato sia migliore di quelli non pubblicizzati? Lo spazio pubblicitario è acquistato in base alla qualità di ciò che si sta promuovendo o in base alla disponibilità finanziaria del soggetto che promuove il prodotto?

Noam Chomsky ci aveva messo in guardia, quando scrisse le 10 regole per il controllo sociale. Con la decima regola ci avverte che per controllare meglio la popolazione bastaconoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.”imagesRYP236GD

Pensiamoci, non è quello che accade attraverso la pubblicità? Più in generale, non è quello che accade attraverso le televisioni? In quali altri ambiti viene applicata questa regola?

Non lasciamoci influenzare. Informiamoci direttamente e scegliamo liberamente: lo shampoo, l’auto, il vestito; ma anche quale giornare comprare, chi votare, ecc…

Nessun personaggio famoso può influenzare le nostre scelte, tanto più se non è esperto in materia ma sta solo recitando un copione in cambio di un bel ritorno economico!

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IL TOUR DELLE GROTTE DI FALVATERRA (by Paola Baldassarra)

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Siamo stati predatori in tour oggi? Forse si, abbiamo seguito, come fecero i Volsci, il percorso del Liri luogo sponda destra mentre si avvia alla foce,  non lontano dalla terra di Argil, poco dopo la confluenza con il fiume Sacco,l’antico Trerus e ci siamo trovati nella zona Nord orientale dei monti Ausoni, nel territorio di Falvaterra. Il geologo e speleologo Augusto Carè  ci accoglie all’interno del Centro visite del Monumento Naturale delle Grotte di Falvaterra e del Rio Obaco, creato ai piedi di un meraviglioso ambiente dove un sentiero porta verso la collina e verso le mura poligonali e gli insediamenti archeologici. Mentre aspettiamo di poterci recare a visitare le Grotte, siamo attratti da un giuoco di rocce, pietre e piante: è la riproduzione fedele di un labirinto “baltico”.1924379_10202835378306478_8356872444615496781_n

E’ Paolo che ci mette a conoscenza che il manufatto ripropone uno dei misteriosi labirinti unicursali cioè quelli con una sola entrata, un solo percorso ed una sola uscita, generalmente al centro e che è connesso con il mondo del sacro, del trascendente, della spiritualità, dell’energia.008

Lanostra visita, più da predatori che da turisti, inizia dallagenesi delle Grotte, il sistema sotterraneo di oltre 5 chilometri è anche il motivo della sua rara bellezza, bellezza che, come ci spiega il dott. Augusto, si apprezza molto di più visitandole in tutto il percorso, sia a piedi, naturalmente ben attrezzati per un percorso speleoturistico, che con canotti, che possono portare l’esploratore fino all’interno, facendogli scoprire paesaggi sotterranei  inimmaginabili, ma è una straordinaria ed emozionante avventura anche quel poco che riusciamo a vedere percorrendo le comode passerelle metalliche.029

In alcuni periodi dell’anno, quando il fiume raggiunge la massima portata, il riflesso dell’acqua pura rende ancora più fantastico questo mondo. Appena entriamo, dopo aver percorso il cunicolo d’accesso, da una tana di colonie di troglofiliche qui hanno nascondigli inviolabili, un pipistrello vola sulle nostre teste quasi a darci il benvenuto. Riesce difficile elencare la quantità di cose singolari, uniche, scenografiche, preziose che la natura ha regalato alle grotte.013

Su uno dei primi tratti guardando in basso, si può ammirare un laghetto color verde smeraldo, nel buio della grotta è il primo corso del fiume sotterraneo ben visibile. Camminando scopriamo la bellissima formazione della prima “medusa”, particolarmente suggestiva per la presenza di calcare biancastro, poi troviamo stalattiti e stalagmiti, colonne di varia forma e dimensionee geometrie improbabili anche per l’artista più creativo, pareti verticali ornate da curiosi merletti e strani drappeggi, ed anche un piccolo presepe su una protuberanza che si affaccia sul corso d’acqua Infine sullo sfondo un altro laghetto di smeraldo a doppia vasca che segna il limite di ciò che abbiamo potuto ammirare, oltre ci sono stanze ancora più preziose e forme d’acqua che riflettono  ombre e  luci di rocce di forme fantastiche. 022Abbiamo visto solo una piccola parte di questo bellissimo tesoro naturale, ma abbiamo, attraverso l’affascinante e dettagliata descrizione del geologo che ci ha guidato in questa avventura, sognato di aver viaggiato lungo tutto il tratto dell’Obaco guardando i colori e i riflessi dell’acqua, di aver visto i piccoli crostacei trasparenti detti Nipharguse qualche raro pesce, di aver ammirato il percorso turistico completo, dalleMarmitte dei giganti al Lago lungo.018

Un ultimo saluto alla bellezza di questa grotta scavata dalla terra all’acqua come percorso non solo fisico, ma mistico. Forse magico.

 

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Mentre ci avviamo verso la strada diamo uno sguardo alle montagne maestose, imponenti, ripide immaginando il tramonto e scorgiamo da lontano, sulla cima più alta, una bandiera che sventola, forse il ricordo di giovani campeggiatori che da quel posto più alto volevano ammirare una valle che ha tanto da raccontare e guardare quel fiume che entra nella Montagna.

Come a significare che sono ostacoli da superare, sfide da vincere.

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http://www.grottedifalvaterra.it/

Infine il meeting tra predatori di Isola d.L., Frosinone e Ceprano, ha dato la possibilità al nostro ospite Carè di raccontarci tutto l’iter che ha dovuto intraprendere per rendere fruibile tutto il percorso, attraverso la costante opera di richiesta di finanziamenti regionali ed europei, affiancato dagli uffici comunali e regionali, per la precisione tre diversi finanziamenti ottenuti per sistemare le passerelle creare le gallerie di accesso (anche senza barriere architettoniche per i disabili) e costruire su una vecchia cava in disuso un punto di raccolta turistico affidato ai volontari lsu comunali, che diverrà in futuro un museo geologico dell’area.12002939

I nostri complimenti e ringraziamenti doverosi al nostro amico Augusto Carè sono stati accompagnati dalla promessa di pubblicizzazione del sito sulla nostra rete che tornerà ad avvalersi della sua capace opera al più presto.

buon lavoro e buona visita

le ultime immagini dalla sonda “djedi”: robot nella piramide di Cheope

E’ notizia appena giunta che finalmente un robot sia riuscito ad oltrepassare le porte dei condotti della piramide di Cheope, ultimo segreto della costruzione oggetto di leggende e studi , Zahi Hawass, ministro dell’archeologia egiziano, ha dichiarato che da queste immagini e dalle prossime che seguiranno saremo in grado di svelare l’ultimo mistero della piramide di cheope, esisterà una nuova camera segreta pare proprio di si ……..

(video di animazione per la ricostruzione della scoperta)

“Un Settembre malinconico” (by Valentina Campoli)

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“Life is only one” oppure “carpe diem” o ancora “la vita è adesso”.

 

Tutti aforismi che vogliono dire una sola cosa: godersi la vita a pieno, perché il domani è sempre incerto.

 

Questi sono i pensieri che accompagnano da sempre la mia vita, quindi spesso mi capita di trovare nelle canzoni riferimenti di questo tipo.

Forse ormai avrò la mente viziata da tutte queste espressioni sull’esistenza umana, ma anche in questa, che è una delle canzoni più emozionanti del panorama musicale internazionale, io trovo la voglia di non arrendersi mai, di andare avanti, anche dopo tutto il dolore che un uomo possa sopportare.

 

Wake me up when semptember ends” è stata scritta da Billie Joe Armstrong, cantante dei Green Day, per la morte del padre, avvenuta quando il musicista aveva solo dieci anni.


Il video della canzone, incentrato sul tema della guerra, è un po’ fuorviante rispetto al suo testo: due ragazzi che si amano si promettono di non lasciarsi mai, ma lui decide di arruolarsi e perde la vita lasciando la ragazza sola e disperata.

 

E’ lo stesso regista Samuel Bayer ad indicarci il filo comune tra video e testo: la riflessione su come le cose possano improvvisamente cambiare.

“Svegliami quando Settembre finisce” è la speranza di una rinascita dopo un dolore che ci segna la vita.

 

Buon ascolto.

gio.18 sept. Visita guidata e meeting sulla progettualità per il recupero dei beni del paesaggio e culturali

12002939in data 18 settembre dalle ore 17.00 circa, presso le grotte di Falvaterra-Ceprano si terrà una visita guidata all’unico percorso speleosubacqueo della valle del liri, seguirà un incontro dei gruppi dei predatori della ciociaria con il geologo Augusto Carè fautore del recupero dell’ingresso alle grotte, per spiegare come si è riusciti nell’opera di salvaguardia del bene paesaggistico e culturale di falvaterra.

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siete tutti invitati!!!

di seguito il link del luogo

http://www.grottedifalvaterra.it/ 21986715

Il Labirinto dello Spirito! (by Avv. Alessandro Canali)

 

Il Labirinto   è un paradigma del viaggio iniziatico e spirituale che doveva percorre l’iniziato templare. Nella cultura occidentale il simbolo del Labirinto, tracciato come decorazione o legato a pratiche religiose, è presente già dall’età più arcaica, fin dalle origini stesse della nostra civiltà.

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Prima come linea infinita a spirale, e successivamente nella sua variante di meandro angolato, è presente in tutto il bacino del Mediterraneo e nella Mesopotamia.

 

Esso è anche uno dei simboli maggiormente presenti nelle cattedrali gotiche edificate nel medioevo.chartres

 

Nel senso cristiano sta ad indicare l’iter ed il cammino di Fede che l’uomo deve percorrere per conseguire l’iniziazione spirituale. Il Labirinto gotico simboleggia la Madre Terra, la Dea Madre, che trova una sua frequente rappresentazione nella Madonna Nera, simbolo di culto templare. Il labirinto è il luogo sotterraneo dove sono racchiusi i tesori. È il crogiolo alchemico dove la materia prima è posta a macerare.maria costantinopoli

 

In questa accezione, il Labirinto può essere considerato simbolo del Graal, come luogo di trasformazione della Materia in Spirito. Forti sono quindi i richiami alchemici del labirinto come luogo di trasformazione della materia, di culto della pietra filosofale.

 

Ricordiamo la regola templare rinvenuta negli scrigni di Volterra per cui solo in alcuni luoghi segreti, labirinti appunto, era data facoltà di praticare l’alchimia. Senza dubbio quindi il Labirinto è un simbolo legato al culto templare. Di questo ha tutte le caratteristiche: è un simbolo di origine pagana, ha una semantica cristiana, è legato ad un culto ancestrale ed ha significato alchemico. Non stupisce che una delle opere più legate al culto della pietra filosofale sia intitolata al Labirinto.cofanetto di volterra

 

Nel “Labirinto del mondo e paradiso del cuore” (1631) di Jan Amos Komenesky, difatti leggiamo:

 

Quella cosa che muta i metalli in oro possiede altre virtù straordinarie: come, ad esempio, conservare la salute umana integra sino alla morte e di non lasciar passare la morte (se non dopo due o trecento anni). Anzi, chi la sapesse usare potrebbe rendersi immortale. Questo lapis non è certamente nient’altro che seme di vita, gheriglio e quintessenza dell’intero universo, da cui gli animali, le piante, i metalli e gli stessi elementi traggono sostanza” (XII).

 

Abbiamo visto, quindi, come il Labirinto possa anche essere considerato come simbolo del mondo sotterraneo, e per questo nelle cattedrali gotiche francesi trova spazio laddove vi è il culto della Madonna Nera. Ma per comprendere esattamente di cosa si tratta ritorniamo a Chartres, ed evidenti appariranno le similitudini con gli edifici religiosi di Alatri. Nella cripta della cattedrale francese si trova una galleria ipogea, posta sotto la navata di sinistra che parte dalla torre nord. A termine di questa galleria vi è un madonna di legno, copia di una statua distrutta durante la rivoluzione, che rappresentava Notre Dame de Chartres, raffigurata anche in pietra sul portale centrale, ovvero la divinità venerata nella cattedrale. Accanto a questa statua si trova un pozzo di origine celtica legato probabilmente ad un precedente culto druidico. Che la Cattedrale sia costruita su preesistenti edifici e templi romani non è un mistero, ma un dato archeologicamente provato.madonna_nera_chartres_eure_et_loire_francia_05 Un mistero invece è la leggenda diffusasi nel medioevo per cui il culto della Madonna di Chartres fosse originato da un precedente culto Druidico di una Vergine Partitura, la Dea Madre, venerata in una grotta. Nel 1609 un avvocato di Metz, Sebastienne Ruillard, compose un opera fantastica chiamata Parthenie in cui veniva esplicato dettagliatamente il culto precristiano della vergine partitura di Chartres. Nel frontespizio dell’opera si vede la vergine in una grotta raffigurata con il figlioletto sulle ginocchia, accostata al pozzo druidico. imagesJXE32S53Peccato che all’epoca il pozzo di Chartres non era stato ancora scoperto! Prova che i culti esoterici sono proseguiti sotterranemanete per oltre duemila anni…….  E parlando di una Vergine con il bambino in una grotta non possiamo non pensare ad un opera famosissima, : la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci. vergine rocceSull’appartenenza di Leonardo a scuole di pensiero esoteriche si è già scritto tanto. Basterà qui osservare che l’opera in realtà riproduce un paesaggio ipogeo, e non montano, per sostenere a buon diritto che Leonardo ha voluto con essa fare una raffigurazione iconografica del culto ipogeo della Dea Madre. E non a caso in tutta la Ciociaria risulta molto diffuso il culto delle madonne nere, come quelle di Canneto o di S. Apollinare, ed anche la Madonna di Costantinopoli di Alatri, nonche’ la pratica di culti ipogei come quello dell’Arca dell’Alleanza nella cripta di S.Magno ad Anagni o quello della Santissima Trinita’ di Vallepietra. Nella grotta di Vallepietra vi e’ la piu’ antica raffigurazione iconografica mai rinvenuta della Trinita’, culto evidentemente  legato alla ciclicita’ delle stagioni e alla fertilita’ dei raccolti, come quello della Dea Madre, ed i pellegrinaggi che ogni anno vi portano migliai di fedeli, ne fanno probabilmente il piu’ antico culto ipogeo ancora praticato!……. 

 

La stessa abbazia di S. Maria Maggiore ad Alatri risulta edificata sulle rovine di un tempio attribuito a Venere, che è una delle divinità romane in cui era stata trasfigurata la Dea Madre, come generatrice del  mondo. 

 

Ancora piu’ evidente appare ora il cordone che lega Chartres ad Alatri, che passando per la specularita’ dei rispettivi labirinti,  ci lascia una evidente traccia di una filosofia spirituale ben radicata in tutta l’Europa medioevale e successivamente occultata tra le ingannevoli maglie della storia

 

 

Avv. Alessandro Canali

 

I Siculi nel latium adiectum…….(di Massimiliano Mancini)

 Colonis saepe mutatis tenuere alii aliis temporibus, Aborigines, Pelasgi, Arcades, Siculi

Plinio, Naturalis Historia 3,5.

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1. I SICULI

Il nome dei Siculi è associato al termine Σικελόι [Sikelòi], con il quale venivano chiamati dai Greci, cosi come asserisce Tucidide (VI, 2, 1-2), presentando le popolazioni barbare che abitavano la Sicilia preellenica, e ciò viene confermato anche dalla storiografia greca di età romana, Diodoro, Pausania, Strabone, Dionigi di Alicarnasso e sopravvive anche nella letteratura storica latina (Musti 2008).   Il nome di questo popolo, secondo Antioco di Siracusa, sostenuto da Dionigi di Alicarnasso, deriverebbe dall’eponimo re Σικελός [Sikelòs], mentre un altro re siculo di nome Italo, secondo Tucidide, avrebbe addirittura denominato l’intera penisola italiana con il proprio nome.   Σικελοὶ δ’ ἐξ Ἰταλίας ̔ἐνταῦθα γὰρ ᾤκουν̓ διέβησαν ἐς Σικελίαν, φεύγοντες Ὀπικούς, ὡς μὲν εἰκὸς καὶ λέγεται, ἐπὶ σχεδιῶν, τηρήσαντες τὸν πορθμὸν κατιόντος τοῦ ἀνέμου, τάχα ἂν δὲ καὶ ἄλλως πως ἐσπλεύσαντες. εἰσὶ δὲ καὶ νῦν ἔτι ἐν τῇ Ἰταλίᾳ Σικελοί, καὶ ἡ χώρα ἀπὸ Ἰταλοῦ βασιλέως τινὸς Σικελῶν, τοὔνομα τοῦτο ἔχοντος, οὕτως Ἰταλία ἐπωνομάσθη. Tucidide (Περ το Πελοποννησίου πoλέμου [La guerra del Peloponnesso] VI, 2, 4) [I Siculi dall’Italia (ivi infatti abitavano) passarono nella Sicilia, fuggendo gli Opici, su zattere, secondo la leggenda e la verosimiglianza, dopo aver aspettato di passare allo spirare di un vento favorevole o forse sbarcando in qualche altro modo. Nell’Italia vi sono ancora dei Siculi e il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei Siculi che aveva questo nome]. (Traduzione: Musti 2008)   La loro presenza sull’isola, ancora oggi chiamata Sicilia, ne avrebbe fatto conseguire il nome, come sostiene espressamene Diodoro Siculo (V, 2), il quale asserisce che dall’iniziale nome di Trinacria, dovuto alla forma triangolare, l’isola fu chiamata successivamente Sicania dal nome del popolo dei Sicani e infine avrebbe tratto il nome definitivo dai Siculi.   [5,2] Καὶ ταύτην τὴν βίβλον ἐπιγράφοντες νησιωτικὴν ἀκολούθως τῇ γραφῇ περὶ πρώτης τῆς Σικελίας ἐροῦμεν, ἐπεὶ καὶ κρατίστη τῶν νήσων ἐστὶ καὶ τῇ παλαιότητι τῶν μυθολογουμένων πεπρώτευκεν. Ἡ γὰρ νῆσος τὸ παλαιὸν ἀπὸ μὲν τοῦ σχήματος Τρινακρία κληθεῖσα, ἀπὸ δὲ τῶν κατοικησάντων αὐτὴν Σικανῶν Σικανία προσαγορευθεῖσα, τὸ τελευταῖον ἀπὸ Σικελῶν τῶν ἐκ τῆς Ἰταλίας πανδημεὶ περαιωθέντων ὠνόμοσται Σικελία. Diodoro Siculo (Βιβλιοθήκη στορική [Biblioteca storica] V, 2) [Avendo io pertanto intitolato questo libro insulare, primieramente parlerò della Sicilia; perciocché essa è la più eccellente tra le isole, e tiene facilmente il primate per l’antichità delle cose degne d’essere rammentate. Anticamente chiamossi Trinacria per la sua figura triangolare. Di poi fu detta Sicania dai Sicani, che la coltivarono: indi Sicilia dai Siculi, I quali in essa passarono dalla Italia in gran numero]. (Traduzione: Compagnoni 1820)     Si deve ritenere che i Siculi, come le altre popolazioni preelleniche insediatesi in momenti diversi in Sicilia, dopo essere entrati in contatto con i coloni greci, che dall’VIII secolo a.C. avevano iniziato a colonizzare l’isola, si siano mischiati e integrati progressivamente ad essi.   Quindi si può ritenere che i Siculi apprendendo e integrando progressivamente la cultura dei Greci, iniziarono un processo di acculturazione e grecizzazione che li portò a fondersi gli uni con gli altri, sino al punto che tutti gli abitanti dell’isola vennero denominati in seguito Sikeliotai, prescindendo dall’etnia d’origine.   ὕσταται δ´ ἀποικίαι τῶν Ἑλλήνων ἐγένοντο κατὰ τὴν Σικελίαν ἀξιόλογοι καὶ πόλεις παρὰ θάλατταν ἐκτίσθησαν. ἀναμιγνύμενοι δ´ ἀλλήλοις καὶ διὰ τὸ πλῆθος τῶν καταπλεόντων Ἑλλήνων τήν τε διάλεκτον αὐτῶν ἔμαθον καὶ ταῖς ἀγωγαῖς συντραφέντες τὸ τελευταῖον τὴν βάρβαρον διάλεκτον ἅμα καὶ τὴν προσηγορίαν ἠλλάξαντο, Σικελιῶται προσαγορευθέντες. Diodoro Siculo (Βιβλιοθήκη στορική [Biblioteca storica] V, 6, 5) [Ultimi, ma degni di fama, sono gli insediamenti e le poleis che dai Greci vennero fondati sulle coste; (gli indigeni) mischiandosi con essi, a causa del gran numero di Greci sbarcati sull’isola, appresero la loro lingua e, venendo educati secondo il modello greco, abbandonarono il loro dialetto barbaro ed il loro nome, venendo chiamati tutti Sicelioti]. (Traduzione: Chiai 2002)

2. L’ORIGINE DEI SICULI

L’origine di questo popolo è molto dibattuta con opinioni differenziate sia nella storiografia antica sia in quella contemporanea.   Secondo Dionigi di Alicarnasso (I, 9, 1) i Siculi erano autoctoni e quindi non indoeuropei, elemento sostenuto anche da storici moderni (Miceli 1836) che li inseriscono tra le antiche popolazioni italiche aborigene, accanto ai Veneti o Venetici, Liguri, Sardi o Nuraghi e altri. Lo stesso Dionigi sostiene che questo popolo avesse in qualche modo un’origine laziale, ricordando come molte località ai suoi tempi avessero ancora denominazioni sicule, in ricordo dei loro primi abitanti. τὴν ἡγεµόνα γῆς καὶ θαλάσσης ἁπάσης πόλιν, ἣν νῦν κατοικοῦσι Ῥωµαῖοι, παλαιότατοι τῶν µνηµονευοµένων λέγονται κατασχεῖν βάρβαροι Σικελοί, ἔθνος αὐθιγενές: τὰ δὲ πρὸ τούτων οὔθ᾽ ὡς κατείχετο πρὸς ἑτέρων οὔθ᾽ ὡς ἔρηµος ἦν οὐδεὶς ἔχει βεβαίως εἰπεῖν. χρόνῳ δὲ ὕστερον Ἀβοριγῖνες αὐτὴν παραλαµβάνουσι πολέµῳ µακρῷ τοὺς ἔχοντας ἀφελόµενοι: Dionigi di Alicarnasso (Ρωμαικη αρχαιολογία [Antichità romane] 1, 9, 1). [Si dice che i più antichi abitatori della città, che ora è abitata dai Romani e che domina la terra e il mare, siano i Siculi, e cioé una popolazione barbara e autoctona. Nessuno invece è in grado di affermare con certezza se prima di costoro quest città fosse occupata da altri o fosse disabitata.Il popolo degli Aborigeni ne prese possesso dopo lunga guerra, dopo averla strappata ai precedenti possessori.] (Traduzione Cantarelli 1994). Anche Varrone (V, 101), vissuto nel primo secolo a.C., evidenziando le similitudini tra la lingua sicula e quella latina confermerebbe indirettamente l’origine laziale dei Siculi. Lepus quod Siculi quidam Graeci dicunt λέποριν. A Roma quod orti Siculi, ut annales veteres nostri dicunt, fortasse hinc illuc tulerunt et hic reliquerunt id nomen. Volpes, ut Aelius dicebat, quod volat pedibus. Marco Terenzio Varrone (De lingua latina, V, 101)   Filisto di Siracusa, storiografo magno greco del IV secolo a.C., nella sua Storia della Sicilia (Sikelikà), attribuisce origini liguri a questo popolo, che quindi proveniva dal nord prima del suo insediamento finale nell’isola (Sergi 1934).

3.LA PRESENZA DEI SICULI NEL LATIUM

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I Siculi sono considerati tra i più antichi abitatori del Lazio, da Plinio (III,56), Virgilio (Eneide 7,95), Dionigi D’Alicarnasso, territorio dal quale furono successivamente scacciati da altre popolazioni indigene, per raggiungere la Trinacria attorno al secolo XV a.C., che da loro e dal popolo dei Sicani prese il nome di Sicilia (Martelli 1830).   Si è già detto della testimonianza di Dionigi di Alicarnasso sul fatto che ancora al suo tempo (60 a.C. circa – 7 a.C.) molte località avessero ancora denominazioni che ne ricordavano la fondazione da parte dei Siculi (Ρωμαικη αρχαιολογία [Antichità romane] 1, 9, 1). Colonis saepe mutatis tenuere alii aliis temporibus, Aborigines, Pelasgi, Arcades, Siculi, Aurunci, Rutuli et ultra Cerceios Volsci, Osci, Ausones, unde nomen Lati processit ad Lirim amnem. Plinio (Naturalis Historia 3, 56). [I suoi abitanti (del Latium n.d.r.) mutarono spesso, avvicendandosi nel corso del tempo: Aborigeni, Pelasgi, Arcadi, Siculi, Aurunci, Rutuli; e, oltre il Circeo, Volsci, Osci e Ausoni: estendendosi a questi popoli il nome del Lazio avanzò sino al fiume Liri.] (Traduzione Corso et al. 1988).   Diverse antiche città dei prisci Latini si attribuiscono all’originaria fondazione da parte dei Siculi, come ad esempio la potente Aricia, Gabii, Crustumerio e la stessa Ecetra, capitale dei Volsci dell’entroterra o Volsci Ecetrani (Pinza 1898).   E sempre Dionigi d’Alicarnasso (in Ρωμαικη αρχαιολογία [Antichità romane]) cita un articolato elenco di antiche ed importanti città laziali tra quelle fondate dai Siculi, tra le quali Falerii,  Fescennio (1, 21), Tibur (1, 16),  Cenina, Antennae (2,35).   Persino in una disposizione delle XII Tavole, che riguarda specificatamente la pratica scarnificatrice tipica del popolo siculo, è possibile trovare una conferma della penetrante influenza delle tradizioni sicule sulla prima popolazione di Roma, che permaneva ancora all’epoca della redazione della prima legge scritta romana, nel 450 a.C. (Mancini 2014).   Dell’insediamento di questo popolo nel Latium ed in particolare nel Latium Vetus, ci danno testimonianza le tombe rinvenute a Cantalupo in Sabina e nella vicina Corneto Tarquinia.   Anche la storiografia contemporanea concorda sulla presenza dei Siculi nel Latium, (Barbagallo 1972, Ambrosi De Magistris 1979, Musti 1992).

4.LA TOMBA DI SGURGOLA (FR)IMG_7444

Secondo alcuni, i Siculi utilizzavano un rituale funerario inumatorio deponendo i cadaveri in piccole tombe a forno, nelle quali, secondo un’usanza funeraria che sarebbe caratteristica di questo particolare popolo, le ossa degli estinti erano inumate dopo una preliminare scarnificazione e a volte erano anche tinte con coloranti rossi (Barbagallo 1972, Ambrosi De Magistris 1979, Musti 1992).   In questa ottica si ritiene che la disposizione n.5 della Tabula X della famosa Legge delle dodici tavole fosse riferita a questa usanza scarnificatrice tipica del popolo Siculo, in questo modo si avrebbe una conferma, seppure indiretta, del fatto che dovette essere stata penetrante l’influenza delle tradizioni Sicule sulla prima popolazione di Roma e che essa dovette permanere ancora all’epoca della redazione della prima legge scritta romana nel 450 a.C.

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… Homine mortuo ne ossa legito, quo post funus faciat …..

Lex duodecim tabularum leges, (X, 5).   [Di un uomo morto non si raccolgano le ossa per farne dopo i funerali ….] in sostanza le esequie dovevano aver fine colla cremazione del cadavere e la immediata sepoltura delle ceneri (ndr).     Nel 1879 fu trovata una tomba preistorica presso la località Casale Ambrosi, nella valle del Sacco, presso la stazione ferroviaria di Sgurgola, attualmente comune in provincia di Frosinone.   La sepoltura a scheletro rannicchiato attribuita alla facies di Rinaldone, scavata in una piccola grotta di travertino con un ricco corredo integro costituito da numerose punte di freccia, un’ascia a martello, un pugnale di rame tipo Guardistallo e un vasetto a fiasca (Pinza 1905).   Lo scheletro rinvenuto all’interno della tomba risultava di sesso maschile e le misure delle ossa lunghe davano una statura approssimativa di m. 1,62, rivelando anche una certa robustezza della struttura fisica dell’individuo. (Pigorini 1880)   Sotto il profilo morfologico questo scheletro si accosta alla media delle disposizioni morfologiche presentate dalle popolazioni eneolitiche della Sicilia (Giuffrida-Ruggeri 1906).   Il prof. Luigi Pigorini, fondatore dell’omonimo museo in Roma e grande paletnologo, nel 1880 scriveva di aver acquistato il materiale rinvenuto in quella tomba e di aver notato una colorazione rosso vivo nella parte anteriore del cranio umano e in alcune punte di selce, parte del corredo tombale (Pigorini 1880).   Questi reperti sono oggi esposti presso il museo Etnografico Pigorini.   Le analisi commissionate dal prof.Pigorini al dott.Ruggero Panebianco, assistente al gabinetto mineralogico della Regia Università di Roma, evidenziarono che la tintura di tutti i reperti era della stessa natura e composizione, e precisamente il colorante è stato riconosciuto come cinabro applicato in tempi remoti (Pigorini 1880), un minerale, appartenente alla classe dei solfuri, noto già ai Greci, costituito chimicamente dall’unione di zolfo e mercurio.   Si rilevò che la tintura non fosse accidentale, sia in ragione dell’uniformità della tintura che della sovrapposizione di strati di calcite, bensì applicata intenzionalmente da chi compose la reliquia nel sepolcro, eseguendo di conseguenza una preliminare scarnificazione del defunto.   È quindi ragionevole ritenere che questa manifestazione costituisse un rituale funebre proprio di questo popolo, comportamento che all’epoca della scoperta della tomba appariva del tutto nuovo (Pigorini 1880).   Peraltro il cinabro è un minerale non presente nell’area della valle del Sacco.   Per la sua capacità di trasformarsi in mercurio, il cinabro è tra i più studiati materiali dagli alchimisti ed esoterici di varie epoche ed ambienti e anche in tempi moderni Julius Evola utilizza il nome di questo minerale per il titolo del suo testo “Il cammino del cinabro” (Evola 2014) che dietro un’apparente narrazione autobiografica rivela un contenuto esoterico e alchemico.

IMMAGINI curate da M.Mancini:

La tomba eneolitica di Sgurgola (FR) nella sua teca presso il Museo etnopgrafico Luigi Pigorini di Roma.

Particolare del cranio con la caratteristica colorazione rossa delle ossa facciali.

Particolari del corredo funerario, come si può rilevare anche le punte di freccia presentano la medesima colorazione rituale rossa applicata sul cranio.             

6.BIBLIOGRAFIA

Ambrosi De Magistris 1889: R. Ambrosi De Magistris, Storia di Anagni, Roma 1889.   Barbagallo 1975: I. Barbagallo, Frosinone, lineamenti storici dalle origini ai giorni nostri, Frosinone 1975.   Cantarelli 1984: Storia di Roma arcaica (le antichita romane) di Dionisio di Alicarnasso; a cura di F.Cantarelli, Milano 1984.   Chiai 2002: G.F. CHIAI, Il nome della Sardegna e della Sicilia sullo rette dei Fenici e dei Greci in età arcaica. Analisi di una tradizione storico-letteraria, in Rivista di Studi Fenici XXX, 2, CNR, Roma, 2002.   Compagnoni 1820: Biblioteca storica di Diodoro Siculo, volgarizzata dal cav.Compagnoni, Sonzogno, Milano 1820.   Corso et al. 1988: Gaio Plinio Secondo, Storia Naturale, traduzione e note di A.Corso, R.Mugellesi, G.Rosati, Torino 1988.   Evola 2014: Julius Evola, Il cammino del Cinabro, Edizioni Mediterranee, Roma 2014.   Giuffrida-Ruggeri 1906: V. Giuffrida-Riggeri, Elenco del materiale scheletrico preistorico e protostorico del Lazio, Società romana di antropologia, Roma 1906.   Mancini 2014: M. Mancini, I Volsci e il loro territorio, Mancini Editore, Frosinone 2013, seconda edizione 2014.   Martelli 1830: F. Martelli, Le antichità de Sicoli, primi e vetustissimi abitatori del Lazio e della provincia dell’Aquila, Aquila 1830.   Micali 1836: G. Micali, Storia degli antichi popoli italiani, Milano 1836.   Musti 2008: Erodoto e Tucidide, Storie – La guerra del Peloponneso, saggio introduttivo di D.Musti, a cura di C.Moreschini, F.Ferrari, G.Daverio Rocchi, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano 2008.   Musti 1992: D. Musti, L’immagine dei Volsci nella storiografia antica, in I Volsci. Undicesimo incontro di studio del Comitato per l’archeologia laziale [= Archeologia laziale, XI,1], Roma 1992 (Quaderni di archeologia etrusco-italica, 20), pp. 25-31.   Pigorini 1880: L. Pigorini, Avanzi umani e manufatti litici coloriti dell’età della pietra, in «Bullettino di paletnologia italiana», 6, 1880, n. 3 e 4, pp. 33-39.   Pinza 1898: G. Pinza, Le civiltà primitive del Lazio, Roma 1898.   Pinza 1905: G. Pinza, Monumenti primitivi di Roma e del Lazio antico, Roma 1905.   Sergi 1934: G. Sergi, Piccola Biblioteca di Scienze Moderne, “Da Albalonga a Roma. Inizio dell’incivilimento in Italia, ovvero Liguri e Siculi”, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1934.       APPROFONDIMENTI MULTIMEDIALI     I Siculi nel Latium Adiectum di M.Mancini. https://www.youtube.com/watch?v=l-n57NTTqTs

…quello che dovremmo sapere sui Volsci.. (di Massimiliano Mancini)

 I VOLSCI COME ENTITA’ POLITICA E CULTURALE

Analizzando la storia dei Volsci emergono alcuni dubbi di ordine sociologico, ossia se si debba intenderli unitariamente come un popolo, oppure più genericamente come un’organizzazione non strutturata, sotto il profilo politico e sociale, e dunque come un raggruppamento frammentario e disorganizzato di piccoli gruppi sociali o tribù. 10341429_10203644081653446_1047210424800710992_n

E sull’inquadramento di questo popolo ci sono opinioni molto divergenti, ad esempio c’è chi li descrive “un’orda predatoria, valorosissima ma disordinata” (Quilici, Quilici Gigli 1997), capaci di abbandonare in breve tempo, i costumi montanari in favore della navigazione e di un’agricoltura efficiente.

Altri invece gli attribuiscono una struttura sociale stabile e strutturata e un’evoluzione politica capace di tessere rapporti con il mondo circostante e di instaurare reti di amicizie politiche ed economiche su più fronti (Musti 1992).

Il problema non è terminologico bensì sostanziale, poiché la conoscenza della loro struttura sociale e politica consente d’interpretarne la storia nella globalità e tutte le loro vicende in senso specifico.

ELEMENTI CARATTERIZZANTI UN POPOLO

Il concetto di popolo e nazione richiede innanzitutto una definizione e un approfondimento di natura sociologica, ma in quest’analisi la storia dei Volsci sarà valutata solamente riguardo al loro profilo politico e culturale.

Il concetto di popolo, riferito, non solo nei tempi moderni, ma anche a periodi antichi, tra tutte le altre caratteristiche deve implicare la coscienza e una stretta comunanza politica e sociale tra tutti i membri.Carte_GuerresRomanoVolsques_389avJC

La comunanza politica si concretizza nella condivisione di un’organizzazione e di una struttura politica unitaria. Questo elemento è presente già nelle società tribali primitive, mentre l’idea di stato unitario, con forti implicazioni territoriali e istituzionali, sociali e culturali, rappresenta una tappa avanzata del cammino evolutivo del genere umano.

La comunanza politica può sussistere anche con la condivisione di legami di tipo federale, e in generale dalla condivisione di una coscienza politica unitaria.

Pertanto si può parlare di popolo etrusco e di comunanza politica tra tutte le città stato dell’Etruria, nonostante la presenza di diverse leghe etrusche, per la coscienza di unitarietà e di un legame etnico e politico presente in quegli uomini che si definivano unitariamente Rasenni (Mommsen 1991).

La comunanza politica, intesa dunque come coscienza di unitarietà di un popolo, può raggiungere livelli di coscienza in cui essa è sentita con tale profondità dai membri di un gruppo per cui si può parlare di popolo anche quando ne manchi il territorio.

Il popolo ebreo, ad esempio, nonostante la dominazione babilonese prima e la sottomissione romana dopo il 70 d.C., che diede inizio alla diaspora, pur rimanendo per quasi 1.900 anni senza territorio, i suoi membri tuttavia hanno mantenuto immutato il loro legame con un territorio per lunghi secoli rimasto astratto, così come la loro coscienza di popolo unico è rimasta immutata, nonostante fossero dispersi in tutto il mondo.

Il concetto di comunità implica quindi un comune patrimonio simbolico fatto di lingua, legami culturali, sociali e comunanza etnica dei membri del gruppo, tradizioni storiche, mitologiche e religiose comuni, specifiche forme di produzione artistica e artigianale.

LE ISTITUZIONI POLITICHE DEI VOLSCI

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Sotto il profilo politico-istituzionale, i Volsci, nella loro storia, si mantennero sostanzialmente legati alla struttura della città stato, raggiungendo forme di aggregazione federale riunite intorno alla città guida, che la storiografia indica come capitali individuandole nelle città di Anzio e di Ecetra.

La stessa tradizione storiografica opera, sin dalle prime narrazioni delle vicende dei Volsci, una netta distinzione tra i due principali gruppi socio-politici: i Volsci Ecetrani e i Volsci Anziati.

Questo evidenzia una struttura culturale e politica abbastanza differenziata, contemporaneamente, implica la presenza di forti elementi di comunanza culturale e di una coscienza di appartenenza a uno stesso popolo.

Sotto il profilo politico, la separazione tra i due gruppi di Volsci è dimostrata anche dal fatto che nei documenti storici, quando si narrano le battaglie, in alcuni casi ci si riferisce genericamente ai Volsci, spesso si cita specificatamente la guerra combattuta dai Volsci Anziati oppure dai Volsci Ecetrani, oppure il ruolo di Anzio ed Ecetra, le capitali dei due gruppi politici volsci, dei due eserciti.

Ad esempio, per citare qualche passo dalla tradizione storiografica:

… Ecetranorum Volscorum legati,…

Tito Livio (Ab Urbe condita libri 2,25).

[…gli ambasciatori dei Volsci di Ecetra,…]

Ita fusi Volsci Antiates, …

Tito Livio (Ab Urbe condita libri 2, 33).

[Così furono sbaragliati i Volsci Anziati…]

Sedictio tum inter Antiates Latinosque coorta, 

Tito Livio (Ab Urbe Condita Libri 6,33)

[Allora tra Anziati e Latini sorse una contesa,]

Eodem anno descisse Antiates apud plerosque auctores invenio;

Tito Livio (Ab Urbe Condita Libri 3,23)

[Presso la maggior parte degli autori ho trovato che in quello stesso anno ci fu una rivolta degli Anziati;]

Antiates in agrum Ostiensem Ardeatem Solonium incursiones fecerunt.

Tito Livio (Ab Urbe Condita Libri 8,12)

[Gli Anziati effettuarono incursioni nei territori di Ostia, Ardea e Solonio.]

 

(2) Tres tribuni postquam nullo loco castra Volscorum esse, nec commissuros se proelio apparuit, tripartito ad devastandos fines discesserunt. (3) Valerius Antium petit, Cornelius Ecetras;  quacumque incessere, late populati sunt tecta agrosque, ut distinerent Volscos;

Tito Livio (Ab Urbe Condita Libri 4,59, 2-3)

[(2)I tre tribuni, vedendo che i Volsci non avevano posto il campo in alcun luogo, e che non sarebbero venuti a battaglia, divisi in tre colonne andarono a devastare il territorio nemico. (3) Valerio si diresse ad Anzio, Cornelio verso Ecetra: dovunque passarono misero a sacco per largo tratto le case e i campi, per tenere divise le forze dei Volsci.] (Traduzione Perelli 1979).

IL PATRIMONIO LINGUISTICO E CULTURALE VOLSCO

Anche l’evoluzione culturale dei due gruppi fu differente a causa dei diversi scambi e influenze culturali che interessarono la loro storia, ma non per questo snaturato rispetto l’etnia di origine.

I Volsci Anziati, stabiliti nel territorio costiero, erano più aperti agli incontri con tutte le popolazioni dei grandi popoli navigatori, come i Cartaginesi e i Fenici con i quali riuscirono ad avere frequenti scambi commerciali.

Viceversa i Volsci Ecetrani, situati nell’entroterra, nel territorio dell’odierna Ciociaria, dovettero rimanere più chiusi ma più legati alle tradizioni della propria etnia, la civiltà safina, grazie ai legami con i confinanti popoli dei Marsi, dei Sabini e, in seguito, dei Sanniti.

Possiamo concludere quindi che nel popolo dei Volsci si possa intravedere una coscienza di popolo, sebbene con una differenziazione politica e culturale nei due gruppi dei Volsci Anziati e dei Volsci Ecetrani.

Questo fenomeno non è inusitato nei popoli antichi, lo rileviamo, ad esempio, anche nella civiltà dei Sanniti, altro popolo safino, anch’essi suddivisi in vari gruppi, tra i quali i Sanniti Pentri, abitanti le zone dell’entroterra del Sannio e legati alla guida della capitale Bovianum, i Sanniti Carecini, Caudini e Irpini (Salmon 1985).

Alla luce di queste premesse, i Volsci possono essere considerati un popolo unico, nel senso di una Κοινη (Koinè), termine greco che individua una comunanza linguistica e culturale, anche con valenza sociale e politica (Mancini 2014).

 

I rosoni di Alatri, i loro simboli, il passaggio spirituale, dalla teoria, alla pietra.. (di Alessandro Canali)

Il percorso iniziatico verso la Verita’ interiore.

18 Alatri - Croce patente nella chiesa S Francesco

La reductio ad unum templare di Alatri.

I due trafori centrali dei rosoni delle chiese di S. Maria Maggiore e di S. Francesco ad Alatri raffigurano lo stesso percorso iniziatico, marcatamente templare, costituendo una rappresentazione simbolica unica in Europa.

Non casuale, ed ascrivibile alla stessa regia, il ritrovamento, anch’esso unico in Europa, del cd. “Cristo del Labirinto”, che raffigura il percorso di iniziazione gnostica guidata dal Cristo Soter postone al centro, come di alcune raffigurazioni di croci templari.Cristo-nel-labirinto-di-Alatri-dopo-il-restauro-Foto-Comune-di-Alatri_jpg

La chiave di lettura del messaggio simbolico contenuto nel traforo è duplice: dall’esterno verso l’interno e dall’interno verso l’esterno, in quanto il percorso iniziatico non può essere mai statico ma  necessariamente dinamico.infinitotto

 La forma più alta di Sapienza concessa all’uomo non è  il raggiungimento della Verita’ ma concentrare la propria esistenza terrena nella continua ricerca della stessa.canalirosa

Il messaggio sembra essere proprio questo:

in questa vita ci si dirige e ci si avvicina alla Verità, ma non la si può mai raggiungere

Percorrere il labirinto ed affrontare le sue prove è la forma più alta di esperienza mistica che ci è data nella vita terrena.

E la stessa intessitura del traforo è di per sè un labirinto di pietra e di simboli!

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Predominato da una croce templare centrale, sapientemente celata con tecnica criptosimbolica tipicamente templare, il rosone nasconde una pluralità di figure geometriche altamente simboliche che si trasformano e sciolgono le une nelle altre, tra cui una “rosa del graal”.

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Sia dall’esterno verso l’interno che viceversa, vediamo la seguente sequenza simbolica:

cerchio-ottagono-quadrato-ottagono-cerchio,

il pentacolo simbolico che rappresenta le fasi della

discesa-ascesa-discesa

tra la dimensione Spirituale propria della nostra anima e quella Terrena propria della nostra natura.

La sintesi simbolica e geometrica di queste figure è la grande croce inscritta nel cerchio che ne scaturisce

La sequenza rappresenta la continua oscillazione che dall’Infinito celeste (la circonferenza esterna del traforo) porta verso l’Infinito interiore (il cerchio centrale al traforo).

Il centro del rosone è’ la traccia di Sapienza divina presente all’interno di ogni individuo, l’Uno che è in noi, che si riespande verso l’Infinito celeste e verso cui tende l’Infinito celeste

Questa oscillazione spirituale, che avviene attraverso fasi (iniziatiche) ben precise, determina la vibrazione energetica che, se percepita, orienta la nostra esistenza verso l’ Eterno

Il canto gregoriano e le estasi liriche di Ildegarda di Bingen ne sono testimonianza concreta e percepibile.

https://www.youtube.com/watch?v=dM2PqY4crMY

La croce delle beatitudini, la “rosa del graal” e l’ottagono  rimandanosubito   alla presenza templare

L’ottagono, in geometria, si ottiene unendo, con quattro segmenti in diagonale, i vertici dei 4 bracci di una croce greca o incrociando a 45º due quadrati, con lo stesso centro, e unendo i vertici fra loro; oppure tracciando i quattro punti cardinali e i quattro punti loro intermedi (operazioni geometriche ben esplicitate all’interno del rosone), ottenendo una stella a 8 punte e unendone i vertici.

L’ottagono rappresenta il tentativo dell’Uomo (quadrato) di farsi Spirito (Cerchio)

Ed infatti nei rosoni di Alatri lo troviamo sempre rappresentato tra il quadrato ed il cerchio.

E’ lo sforzo di elevazione della Materialita’, in Spiritualita’.  Partendo da una figura semplice (quadrato), lo Spirito si evolve (passando all’ottagono), fino a raggiungere la perfezione rappresentata dalla circonferenza.

E l’8 non è altro che una doppia circonferenza che simboleggia l’infinito.

Questa interpretazione  viene supportata da quanto sostenuto da J.C.Cooper, nel suo mirabile saggio sul simbolismo: “la trasformazione del quadrato in circonferenza avveniva attraverso l’Ottagono”.

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Per questo motivo il Cristianesimo usò l’Ottagono come figura geometrica base per l’edificazione di fonti battesimali.

A Gerusalemme, nel luogo esatto dove sorgeva il Tempio di Salomone, si erge adesso la Moschea della Rocca, che è l’unico esempio di edificio storico islamico costruito su una struttura ottagonale, come del resto era il Tempio stesso.  Cooper ci dice inoltre che, nell’architettura sacra, le cupole poggiano spesso su strutture ottagonali. I quattro punti cardinali e i quattro punti intermedi, unendosi danno un ottagono. L’ottagono rappresenta le otto porte che permettono il passaggio da uno stato all’altro.imagesTNNQ8DLI

Le 8 porte rappresentate nella Croce delle Beatitudini divenuta il simbolo piu’ noto dei Templari ed il centro dei rosoni di Alatri!

Per questo motivo l’ottagono fu la forma geometrica più utilizzata dai Templari, come simbolo della loro missione spirituale sulla Terra

Nell’Ottagono vediamo quindi esaltato il messaggio simbolico templare. Questa figura rappresentava l’elevazione, il tentativo dell’Uomo-Templare che, partendo da una figura semplice (quadrato-il terrestre), si evolveva spiritualmente passando all’ottagono (le otto porte che permettono il passaggio da uno stato all’altro; la transizione; il rinnovamento; la resurrezione), fino a raggiungere la perfezione ultraterrena e l’eternità (rappresentate dalla circonferenza), con il Cristo Soter al centro, come nell’affresco di S. Francesco.

In te ipsum redi!

L’eternità, come notava S.Agostino, riprendendo Seneca e Marco Aurelio, la si trova dentro di noi!